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“A Mussomeli sono bravi ma impossibilitati ad intervenire”. Ancora un amaro caso all’Immacolata Longo

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Mussomeli – L’indiscusso riconoscimento di reparto d’eccellenza dell’Ortropedia di Mussomeli è stata la motivazione che ha spinto una paziente ottantaseienne, di Bivona, a mettersi in viaggio, lungo un percorso non proprio ameno, nella sera di martedì scorso,a bordo di ambulanza privata, alla volta di Mussomeli, in seguito a due fratture di ossa lunghe.

Patologia questa che porta, inevitabilmente, verso un quadro clinico di anemizzazione nel caso in cui non si intervenga per tempo. Intendendo “per tempo”, il più breve tempo possibile.

Purtroppo, una volta raggiunto quello che per l’anziana paziente doveva essere l’approdo sicuro, la brutta sorpresa non tarda ad arrivare. L’anestesita non è reperibile. Lo ricordiamo, giusto per precisare -ma mai abbastanza- che il servizio di anestesia, all’ospedale di Mussomeli, presidio con almeno tre reparti che necessitano all’occorrenza di tale figura professionale, è coperto da un solo medico, la dottoressa Rossella Di Giovanni, i cui “miracoli” non sono -ahinoi!- sufficienti a coprire il fabbisogno interno. Il numero ottimale, a detta dei competenti, sarebbe quattro. Con grave limitazione delle prestazioni sanitarie del presidio, e conseguente perdita economica, volendo scendere ulteriormente più nel dettaglio. E, naturalmente, con inevitabili disagi e disservizi per i pazienti, oltre ad un lavoro anomalo per gli operatori. Che si trovano, alquanto di frequente, a fare i conti con situazioni paradossali, laddove non si esclude persino “la derisione dei colleghi” del capoluogo”.

Ma, tornando allo sfortunato caso della signora di Bivona, una volta appurato che a Mussomeli non è trattabile, il medico di turno, Cristian Carduccio, si adopera tutta la notte nel tentativo di trovare un posto letto non solo  in una delle ASP della provincia. Ma i presidi locali sono tutti pieni. Quella notte sono stati chiamati tutti gli ospedali di Palermo civico, policlinico, Agrigento, termini imerese, Enna, eccm senza successo. Pure il 118 pma nulla.Pertanto si trascorre la notte monitorando i parametri ematici della paziente. E nulla si sblocca. Nonostante i ripetuti tentativi.

La situazione -caso vuole- che si sblocca solo all’indomani, quando il medico di turno, Aurora Bullaro, prende servizio ed extrema ratio, si trova “costretta”, data la severità del quadro clinico, a contattare un numero al di fuori dell’ASP di appartenenza che, “con un colpo i fortuna” -riferisce la dottoressa Bullaro- ha accordato subito il trasferimento. A Palermo. Fortunatamente stabilizzata la paziente, ma decisamente fuori tempo limite.
Che poi, alla fine, i casi, comunque, si risolvano, sembrerebbe essere il destino del Longo. La sorte, invero, di quegli “incoscienti”, protetti più dalla buona stella che in “alto loco”. Per non dire di quei “santi” medici e paramedici che si arrabattano con i mezzi di fortuna di cui dispongono per assicurare un servizio dignitoso atto a compensare le eterne manchevolezze di un ospedale a cui afferiscono pazienti da tanti comuni limitrofi. Professionisti che, fra un’urgenza e l’altra, si trovano a passare minuti preziosi al telefono, nel tentativo, non sempre a buon fine, di chiedere “un favore” al collega di turno.

Tutto questo, nonostante le premesse per finire male ci siano e ci siano state tutte, tante e più volte ancora. E se proprio vogliamo dirla tutta la principale causa dei rischi corsi è sempre quella atavica mancanza di un servizio continuato di anestesia. Che continua a vessare incessantemente la dottoressa Di Giovanni. Quadro clinico, del presidio, questo, che tenderà ad aggravarsi ulteriormente dal 12 al 31 agosto, periodo in cui rimarrà totalmente scoperto del servizio. Riteniamo che qualsivoglia commento sia superfluo. Basti pensare che siamo nella calda settimana di ferragosto, con una popolazione fortemente incrementata e una vita sociale fortemente implementata. Pertanto non rimane che continuare a confidare in quella buona stella che, alla luce dei fatti, sembrerebbe, al momento, essere l’unica ad avere a cuore la sorte di questo presidio di periferia. Oltre ovviamente a quegli affezionati pazienti che, tanto credono e hanno creduto, nelle potenzialità di questo ospedale e di cui, tutto si può dire –
da “Petrappaglolo” a “testi di issu”- ma che la sanità locale, davvero non la vogliono toccata. Costi quel che costi!

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