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A Napoli esperti trovano olio di oliva più antico al mondo

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La bottiglia d'olio d'oliva più antica del mondo ritrovata a Pompei e conservata al Mann di Napoli - Credit: Museo Mann
La bottiglia d’olio d’oliva più antica del mondo ritrovata a Pompei e conservata al Mann di Napoli

NAPOLI – Una bottiglia d’olio d’oliva, che, per effetto delle alte temperature a cui è stata esposta al momento dell’eruzione del Vesuvio e dei profondi cambiamenti che si sono verificati nei quasi due millenni di conservazione in condizioni incontrollate, porta le tracce di profonde modificazioni chimiche tipiche dei grassi alimentari alterati.

E’ questa la scoperta che è stata fatta dai ricercatori delle università Federico II di Napoli e Vanvitelli di Caserta e del Cnr su una bottiglia ritrovata a Pompei e conservata al Museo Archeologico Nazionale di Napoli (Mann).

Lo studio è stato avviato nell’ambito della collaborazione tra il Dipartimento di Agraria dell’Università Federico II e il Mann sui reperti organici conservati nei depositi. La bottiglia pare provenire da Ercolano, ma, analogamente a molti altri reperti, con il tempo è andata perduta l’informazione relativa all’epoca del suo recupero. Lo spunto che ha dato l’avvio a questo studio si deve ad Alberto Angela che durante un sopralluogo ai depositi del Mann notò il fatto che la bottiglia fosse ancora piena per più di metà del suo contenuto. Le ricerche condotte dal team multidisciplinare coordinato dal professore Raffaele Sacchi, del Dipartimento di Agraria, hanno consentito per la prima volta di verificare l’autenticità e caratterizzare l’identità molecolare di un campione di olio di oliva conservato all’interno di una bottiglia di vetro sepolta dall’eruzione del Vesuvio del 79 dC.

L’impiego di tecniche molecolari e la datazione al carbonio-14 di uno fra i più rappresentativi “articoli edibili” conservati al Mann, hanno permesso di risalire al contenuto della bottiglia di vetro con aspetto del tutto simile a quelle rappresentate in affreschi ritrovati a Pompei. Si tratta di un’enigmatica sostanza solida dalla consistenza cerosa ritrovata con tutta probabilità a Ercolano nel corso degli scavi archeologici iniziati dal Principe d’Elboeuf nel 1738 e continuati da Carlo di Borbone.

Nella bottiglia è sopravvissuto molto poco delle tipiche molecole dell’olio d’oliva: i trigliceridi che rappresentano il 98% dell’olio si sono scissi negli acidi grassi costitutivi; gli acidi grassi insaturi si sono completamente ossidati generando degli idrossiacidi che a loro volta, con una lenta cinetica, nel corso di circa 2000 anni, hanno reagito fra di loro formando dei prodotti di condensazione, le estolidi, mai osservati in precedenza nei processi convenzionali di alterazione naturale dell’olio d’oliva.

“Si tratta – commenta Raffaele Sacchi – del più antico campione di olio di oliva a noi pervenuto in grosse quantità, la più antica bottiglia d’olio del mondo. L’identificazione della natura della ‘bottiglia d’olio archeologico’ ci regala una prova inconfutabile dell’importanza che l’olio di oliva aveva nell’alimentazione quotidiana delle popolazioni del bacino Mediterraneo ed in particolare degli antichi Romani nella Campania Felix”.

(ANSA)

 

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