Patteggiano la pena i componenti dell’ex Cda di una società del comparto raccolta e smaltimento rifiuti solidi urbani. Soluzione che in sei, con la sospensione, hanno adottato passando per l’intesa con la procura. La pena più consistente – seguendo un ordine decrescente per entità – è arrivata per il trentottenne Marco Nicosia con 2 anni, il cinquantottenne Pietro Vincenzo Prizzi con un anno e otto mesi, il quarantenne Giuseppe Nicosia con un anno e sei mesi e, infine, il sessantaseienne Sergio Baglio, il cinquantenne Giacomo Gulino e la cinquantaduenne Daniela Riggi con un anno, 5 mesi e 10 giorni a testa – assistiti dagli avvocati Raffaele e Riccardo Palermo, Antonino Falzone. Michele Ambra, Alessandro Greco e Francesco Villardita – tutti ex componenti del consiglio di amministrazione della «Sicula Ciclat soc. coop.» e accusati di bancarotta aggravata. Nei loro confronti – assistiti dagli avvocati Davide Schillaci, Valentina Castellucci, Pia Francesca Prizzi e Giorgio Brancato – si sono costituiti parti civili la stessa coop «Sicula Ciclat» e quattro soci. Sono finiti nei guai per un’indagine della guardia di finanza scattata sulla base di esposti presentati da soci lavoratori. Tra le righe di quegli atti sono ste ipotizzate irregolarità nei bilanci. Anomalie che poi le fiamme gialle avrebbero riscontrato, rilevando l’approvazione di bilanci con perdite fittizie. Lo stesso Cda, sempre per gli inquirenti, non avrebbe neanche approntato un piano di risanamento. E non è tutto. Sì, perché, sempre secondo fiamme gialle e magistrati, beni della «Sicula Ciclat» sarebbero finiti, a prezzi irrisori, in un’altra società che avrebbe fatto capo sempre agli stessi amministratori. In sostanza, per l’accusa, avrebbero svuotato la società madre, trascinata sull’orlo del fallimento, per fare confluire i beni in un’altra rivalutandoli.