Enna – Associazione a delinquere di stampo mafioso, favoreggiamento personale aggravato, detenzione e porto abusivo di armi comuni, armi clandestine e da guerra. Con un grosso arsenale scoperto.
Sono le contestazioni che Sco della polizia e magistrati della direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta hanno mosso nei confronti di tredici coinvolti in due distinte inchieste confluite in un unico calderone – dossier ribattezzato «Lua Mater» – che hanno interessato l’Ennese e, in particolare, Regalbuto e Pietraperzia.
Uno degli aspetti inquietanti dell’indagine è rappresentato dalla consistente disponibilità di armi da parte di Cosa nostra. Tra le pieghe dell’operazione, infatti, sono stati sequestrati nove pistole e otto fucili, tre mitragliatori, di cui due kalashnikov «in grado di perforare blindature», ha osservato il procuratore di Caltanissetta, Salvatore De Luca e, ancora, qualcosa come duemila munizioni. Tutto trovato in due distinte zona a Pietraperzia e Regalbuto. In particolare nel centro pietrino sono state scovato in campagna, mentre il resto era in un bar di Regalbuto. E sarebbe stato un fido scudiero del boss a curarne la custodia… «capomafia uscito dal carcere dopo aver scontato diversi anni di reclusione e forte del suo prestigio riprende in mano le redini del territorio», è stato sottolineato.
Aspetto, questo delle armi, rimarcato dallo stesso procuratore De Luca che ha evidenziato come «la mafia cura ancora l’aspetto militare… È dagli anni Novanta che non mi capitava di vedere un così ingente quantitativo di armi sequestrate».