Caltanissetta – Solo per limiti di età, ha dovuto appendere la divisa al chiodo. Lascia una pesante eredità il colonnello Michele Cannizzaro, apprezzato per la sua indiscussa eleganza d’essere e per il suo attaccamento al dovere. E, sotto il profilo professionale, sua è stata la guida per un prezioso percorso di affermazione della legalità e di duro e concreto contrasto alla criminalità organizzata con diverse operazioni che hanno inferto durissimi colpi alla mafia.
Il suo saluto è affidato a lunga lettera scritta, di pugno, dallo stesso colonnello Cannizzaro.
Buongiorno,
nei giorni scorsi ho partecipato ad alcuni dei miei contatti telefonici la foto che voleva rappresentare il mio ultimo giorno di servizio, il mio congedo dall’Arma dei carabinieri, foto tratta dalla breve ma particolarmente intensa, cerimonia di commiato che il comandante dei carabinieri per la Tutela Ambientale e la Sicurezza Energetica, il generale di divisione Fernando Nazzaro, ha voluto tenere a Roma il 20 febbraio scorso, scrivendo semplicemente sotto la stessa «ultimo atto».
Mi sono reso conto, solo dopo, che la nota è stata forse un po’ troppo “sibillina”. Diversi mi hanno richiamato chiedendomi cosa significassero le parole «ultimo atto» non credendo che era la mia ultima foto in uniforme prima delle formalità del congedo dall’Arma «per raggiunti limiti massimi di età».
Tutti o quasi tutti mi hanno manifestato il loro apprezzamento augurandomi lunga vita da dedicare agli affetti famigliari a lungo trascurati e qualche interesse o hobby personale anche se nessuno si ricordava di quale potesse essere.
Poi sono stato contattato anche da alcuni amici giornalisti delle provincie della Sicilia dove ho prestato servizio negli ultimi 19 anni, Enna, Catania ed in ultimo Caltanissetta e Gela e mi è stato chiesto se me la sentivo di parlare un po’ di me e di quello che ho fatto in questi 41 anni di servizio nell’Arma dei carabinieri.
Solo in quel momento mi sono fermato a pensare cosa poter dire di questi ultimi 41 anni.
Mi sono informato e ho scoperto che di norma viene chiesto a chi va in congedo di parlare della carriera, degli incarichi, magari delle operazioni di servizio più importanti, ma dopo un po’ ho pensato che sarebbe stato un inutile esercizio, troppo autocelebrativo – essendo peraltro ancora in vita – dove non ritrovavo il vero significato del “messaggio” di commiato che invece avrei voluto partecipare.
Poi ho riflettuto. Mi sono detto «Michele, forse è la tua ultima occasione per dire da carabiniere in congedo da qualche giorno quello che per te è stato veramente importante».
E allora mi è venuto in mente quello che volevo dire veramente.
La cosa più importante che ha riempito la mia vita in questi 41 anni, oltre alla mia famiglia, alla quale devo tutto e di cui ho purtroppo spesso sacrificato la vicinanza è stato semplicemente il “servizio”, quello con la “s” minuscola, quello svolto tutti i giorni, quello svolto a disposizione della gente e per la gente, in favore delle persone che abitano in tutti i comuni e le comunità, grandi e piccole della nostra Italia, dove la caserma dell’Arma dei carabinieri è spesso l’unico vero ufficio dello Stato, dove l’Arma dei carabinieri ti ha inviato e dove hai, quasi senza rendertene conto, avuto l’altissimo onore di rappresentare la nostra Nazione e di poter esercitare la missione forse più entusiasmante possibile, la difesa della legalità, la tutela dei deboli contro i violenti, fossero mafiosi, assassini, violentatori, rapinatori, ladri o truffatori, oppure semplicemente meschini approfittatori della loro privilegiata posizione “pubblica” che hanno ricercato, a volte, il profitto personale a discapito del bene pubblico per i quali sono retribuiti.
Ed allo stesso livello dell’azione di contrasto e della repressione dei reati metto anche la possibilità, quando mi è stato possibile, di far qualcosa per chi aveva bisogno di una parola di conforto, di un consiglio, di una mano, data senza secondi fini, spesso anche a chi si è reso conto di aver sbagliato ed era sinceramente pronto a cercare di rimediare ai suoi errori.
E per fare tutto questo ho avuto bisogno di due cose: una caserma dei carabinieri piccola o grande, quale presidio dello Stato, dove chi ha bisogno sa di poter andare e dove le persone devono essere ascoltate nelle loro piccole o grandi necessità della vita di tutti i giorni, e dei carabinieri – non militari dipendenti o subordinati – ma semplicemente e grandemente “carabinieri” che facevano parte di quella caserma, avendo assunto da un dato momento in avanti l’onore ed onere di esserne il responsabile, anche se molto spesso quei “carabinieri” erano più grandi di me e con i capelli più grigi o bianchi dei miei
Quello che è stato veramente importante in questi 41 anni sono stati, quindi, le persone che ho avuto il privilegio di servire e gli uomini e i reparti che l’Arma dei carabinieri mi ha affidato.
Volendo andare ai tempi più recenti dopo una decina di trasferimenti e svariate regioni d’Italia percorse in lungo ed in largo, ai quali unisco tre corsi di formazione – uno per diventare carabiniere, uno per diventare vice brigadiere e uno per diventare sottotenente – pensavo di “chiudere” la mia avventura al Noe di Catania dove ero stato trasferito nel 2016 proveniente dal nucleo investigativo dei carabinieri di Enna, ma nel 2022, a “soli” 58 anni, mi è stato chiesto dall’Arma un ultimo piccolo “sacrificio”. Istituire il nuovo Comando del Noe carabinieri di Caltanissetta in Gela.
I miei Superiori hanno forse pensato che poteva essere un sacrificio o un impegno troppo gravoso, a due anni dalla pensione, darmi l’incarico di “fondare” un nuovo reparto, peraltro con limitate risorse iniziali e pochi uomini. E, invece, è stato un grande dono, il più grande che poteva essermi fatto, una manifestazione di fiducia che mi ha nuovamente ricaricato le pile e fatto ripartire con l’entusiasmo del primo giorno di servizio.
Questo mi piace dunque ricordare in questi giorni.
Le migliaia di persone che ho incontrato per strada o nelle caserme dove prestato servizio, gli uomini dell’Arma e i reparti che ho avuto il privilegio di servire, i miei superiori, alcuni dei quali sono stati dei veri e propri “ispiratori” per virtù e capacità investigative, ad iniziare dal 1995 quando sono stato nominato comandante di una piccola stazione in provincia di Ferrara e poi via via, dopo aver vinto il concorso per ufficiali del ruolo speciale nel 1999, tutti gli altri comandi di Calabria e Sicilia, ininterrottamente, fino all’ultimo giorno di servizio.
A pensarci in 41 anni sono stati 29 anni e 5 mesi di ininterrotta attività di comando, ancora un po’ e raggiungevo i 30, ma il dato anagrafico non me l’ha purtroppo concesso.
Sono al termine di questa mia lettera.
La stessa, come avete visto, non è il comunicato dell’ufficiale che al termine del periodo di servizio in un reparto ed in procinto di assumere un nuovo incarico in un’altra città fa un bilancio della propria esperienza di servizio in quella città. Quattro o cinque anni possono essere anche raccontati. Ma 41 anni no. O quanto meno non in una pagina.
E per quanto attiene le eventuali operazioni di servizio che mi vengono normalmente citate in questi casi, devo dire che mi è quasi impossibile ricordarle tutte e dare alle stesse una priorità. Posso solo dire che un’operazione di servizio è il risultato che viene da un profondo lavoro di un intero reparto o un nucleo, lavoro che a volte dura anni, dove tutti, ma veramente tutti, danno sempre un contribuito, piccolo a grande che sia, e che contribuisce inevitabilmente a determinare quel risultato.
Senza quel “piccolo contributo” non vi sarebbe stato quel “risultato”.
Nessuna operazione di servizio è di una sola persona e pertanto non ne citerò nessuna, dovendo doverosamente, se dovessi farlo, anteporre alle stesse i nomi di tutti quelli che vi hanno contribuito.
Grazie di tutto, dunque, a tutti quelli che, in questi lunghi anni, mi hanno voluto bene, mi hanno “supportato” ed anche a quelli che mi hanno “sopportato” e chiedo scusa a tutti coloro ai quali, per qualche ragione – non motivo – nelle vicende terrene che purtroppo, a volte, contraddistinguono i rapporti tra esseri umani, ho fatto qualche piccolo sgarbo. Non me ne voglia. Io ho sempre perdonato e il tempo mi ha dato ragione.
Michele Cannizzaro