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Casa lager per anziani scoperta dai carabinieri, indagine partita dalla querela di una cuoca della struttura

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Caltanissetta – È dalla querela presentata da una cuoca che è scattata l’indagine dei carabinieri, che ha smascherato una casa lager a Caltanissetta. Lei a quella stessa struttura aveva affidato il padre , ma presto si sarebbe accorta di anomalie nella somministrazione dei farmaci. Tant’è che dopo qualche giorno ha portato via da lì il genitore.

Da qui è partita l’indagine che ha svelato gli orrori all’interno della casa di riposo «Santa Chiara» di Caltanissetta. Struttura di proprietà della società «Salve di Falzone Gabriele & C. sas» che fa capo alla sessantatreenne Venera Alaimo ma gestita dalla «Agata srls» della cinquantenne Agata Giovanna Salamone.

Le due amministratrici societarie sono finite in carcere insieme alla quarantunenne Donatella Michela Salamone, sorella di Agata Giovanna, operatrice socio-sanitaria come il cinquantunenne Gaetano Marrocco, la quarantunenne Donatella Michela Salamone e il quarantaquattrenne Pietro Castronovo che, durante i periodi di assenza di Salamone si sarebbe occupato della gestione del personale.

Arresti domiciliari con il braccialetto elettronico, invece, per il trentottenne Marco Iacono, la quarantottenne Katia Dibenedetto e la venticinquenne Noemi Tomasella.

Ai nove – assistiti dagli avvocati Rosario Didato, Sergio Iacona, Boris Pastorello, Umberto Ilardo, Angela Bertolino, Giovanni Annaloro, Marco Bellomo, Vincenzo Toscano e Salvatore Sollami- sono state contestate le ipotesi di maltrattamenti, sequestro di persona, abbandono di persone ed esercizio abusivo di pratiche sanitarie.

Il gip ha anche disposto il sequestro delle due società a capo della «Santa Chiara» e la stessa struttura, affidandone la gestione a un amministratore giudiziario.

Le videocamere piazzate dai carabinieri all’interno della struttura avrebbero documentato una realtà a dir poco inquietante. Con gli anziani lasciati in abbandono, magari tra feci e urine. Bloccati sul letto perché non si muovessero o legati a una sedia a rotelle e tirati via come un animale domestico.

E poi sottoposti a umiliazioni e sfottò, con tanto di chat e scambio di foto tra gli operatori con commenti denigratori.

Un inferno che gli anziani ospiti avrebbero vissuto quotidianamente con anomalie, secondo la tesi accusatoria, anche nella gestione del trattamento farmacologico e con carenza di personale. Di notte solo un operatore sarebbe stato presente nella struttura.

Un clima che tra le pieghe dell’ordinanza è stato etichettato come «di biasimevole disprezzo, di violenza, abbandono, incuria, condotte gravemente offensive per la dignità umana… con sprezzante indifferenza per il benessere psico-fisico degli anziani loro affidati, raggiungendo pure esecrabili picchi di derisione, volgarità e crudeltà»

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