Caltanissetta – Condannato per una piantagione di cannabis. Lui e altri complici erano stati sorpresi dai carabinieri piò o meno con le mani in pasta.
E se gli altri hanno poi patteggiato la pena a un anno e mezzo a testa, lui no. Non gli è stato concesso perché nei cinque anni precedenti aveva già avuto accesso al patteggiamento per altro.
Così, nel giudizio con rito ordinario, l’ottantunenne di Riesi, Giuseppe Di Garbo – difeso dagli avvocati Carmelo Terranova e Giada Faraci – è stato condannato a 3 anni di carcere per l’accusa di coltivazione e spaccio di stupefacenti.
Una condanna, quella rimediata, assai meno pesante rispetto agli otto anni di reclusione che, invece, al termine della requisitoria sono stati proposti dall’accusa.
Lui, così come altri tre riesini, sono finiti nei guai con la giustizia dopo un blitz dei carabinieri – scattato la sera del 6 settembre del 2016 – in un fondo di contrada Montagna, nelle campagne al confine tra Riesi e Butera. Sull’onda di una segnalazione sono partiti gli appostamenti. I militari sono entrati in azione al momento della raccolta della canapa stessa. I quattro sono stati bloccati e arrestati. E ognuno di loro ha poi fornito, in qualche modo, una spiegazione che, alla luce della scenario, non ha retto per nulla.
E lì hanno poi rinvenuto 150 piante di canapa indiana alte un metro e mezzo ciascuna, con tanto d’impianto d’irrigazione.
La sostanza che ne avrebbero ricavato, secondo la valutazione degli inquirenti, avrebbe consentito ai quattro d’intascare qualcosa come centocinquantamila euro o poco più.