Caltanissetta – Negata la revisione del processo a un padre già all’ergastolo perché accusato di avere ucciso il figlio. Così ha deciso la Cassazione che, però, ha indicato la strada per un nuovo possibile vaglio dell’istanza.
È l’ultimo atto legato al figlicidio per cui l’imprenditore settantatreenne di Riesi, Stefano Di Francesco, è stato già condannato in via definitiva all’ergastolo per l’uccisione del figlio.
Tre gradi di giudizio lo hanno già riconosciuto colpevole della morte del figlio, il trentunenne Piero Di Francesco.
Ora la Suprema Corte – dopo il precedente rigetto da parte della corte d’Assise d’Appello di Catania di riaprire il processo – non ha accolto l’istanza del ricorrente, ma sostanzialmente ha indicato che nuove perizie tecniche, assai più accusate su tempi e movimenti di Di Francesco senior nei frangenti del delitto, potrebbero essere eventualmente valutati.
I suoi ultimi legali – gli avvocati Vincenzo Vitello e Adriana Vella – avevano fatto riferimento a una nuova ricostruzione delle fasi esecutive del delitto, in questo caso tridimensionale, resa possibile da nuove tecniche scientifiche.
La difesa, infatti, che peraltro sta pure attendendo nuovi elementi, ha messo in discussione che così come traccerebbe la sentenza, tutto si sarebbe consumato nell’arco di appena tre minuti o poco più. Una sequenza di accadimenti troppo fitta e densa perché in quella stretta mangiata di tempo si possano essere consumate tutte le azioni ricostruite: l’aggressione al figlio che sarebbe stato colpito alla testa con qualcosa poi, credendolo morto, caricarne il corpo su una vecchia Mercedes parcheggiata nel piazzale dell’azienda di famiglia, appiccare il fuoco all’auto per simularne il suicidio e, infine, salire su un escavatore e gettare sabbia su quella vecchia auto per tentare di spegnere le fiamme. Una sequenza temporale che per
L’accusa sarebbe scandita da riscontri , per inquirenti e giudici, ben precisi. Per la difesa, invece, troppi sarebbero i passaggi bui.