Caltanissetta – È stato un faccia a faccia che non ha chiarito la verità. Perché ognuno dei due è andato avanti per la sua strada sconfessando l’altro.
E su una presunta estorsione pagata – anche se in realtà al momento della consegna dei soldi era scattato l’arresto – uno, peraltro parte lesa in questo processo, la ha indicato come un debito da pagare alla famiglia Cammarata di Riesi a titolo di mediazione per un terreno, mentre l’altro, di contro, quel debito lo ha indicato come essere di suo padre. Come dire, per l’accusa, quei quattrini avrebbero potuto essere magari pizzo, ma non quel debito.
E di questa questione i due ne avrebbero parlato durante un incontro tra loro – alla presenza dei Cammarata – che, uno afferma esserci stato, l’altro lo nega che quell’appuntamento lo abbiano mai avuto.
Così nel confronto in aula al processo che vede alla sbarra il boss riesino di Cosa nostra, Francesco Cammarata, la moglie Maria Sciacchitano, i loro figli, Teresa e Giuseppe Cammarata, Orazio Migliore e Giuseppe Montedoro.
Secondo lo scenario disegnato dalla procura i Cammarata sarebbero mandanti, gli altri due un po’ più il braccio operativo della situazione.
Sono chiamati a rispondere di estorsione continuata ed aggravata dai metodi mafiosi che si sarebbe consumata ai danni di un imprenditore, pure lui di Riesi, che è stata proprio una della parti in causa del faccia a faccia in tribunale e che ha scelto di non costituirsi parte civile nel procedimento.