Gela – Niente colpi di spugna alle condanne, Né sconti per padre e figlio coinvolti, a vario titolo, in un’inchiesta legata a un omicidio consumato in Liguria.
I due, del Nisseno, erano e restano colpevoli. Con un verdetto che la Cassazione, ormai, ha messo definitivamente in ghiaccio.
Sono 21 gli anni di carcere confermati per il trentasettenne gelese Guido Morso, ritenuto l’autore del delitto del ventottenne Davide Di Maria. Sarebbe stato lui a rifilare una coltellata fatale al ragazzo.
Mentre il padre, il sessantaduenne Vincenzo Morso, ritenuto dagli inquirenti un punto di riferimento di Cosa nostra in Liguria, è stato condannato a 3 anni e 8 mesi per armi e rissa. In primo grado aveva rimediato diciannove anni perché ritenuto coinvolto nell’omicidio del giovane. Poi, in appello, l’imputazione più pesante a suo carico è caduta con una forte riduzione della pena.
Di Maria – era il settembre del 2016 – è stato ucciso da una coltella. L’ha rimediata dopo un’accesa discussione, sfociata in una colluttazione, dentro un appartamento di Molassana, a Genova.
Secondo la tesi accusatoria la lite a tre sarebbe esplosa per questioni di droga e spartizione del mercato al dettaglio.
La difesa ha sempre escluso l’aggressione mortale ai danni di Di Maria. Ma il teorema della difesa non ha retto. E ora la Suprema Corte ha apposto il sigillo alla parentesi processual