Riesi – Due ergastoli ai boss di Riesi confermati, uno annullato a un capomafia di Mazzarino e altre due condanne rimaste ferme. Così ha sentenziato la prima sezione della Cassazione per il processo legato all’inchiesta dei carabinieri «De reditu», sulla faida di Riesi. «Fine pena mai confermato per i «fratelli terribili», Pino e Francesco Cammarata, seppur passando per parziali assoluzioni. Il primo, Pino, è stato definitivamente condannato per il delitto di Andrea Pirrello. Il fratello Francesco, invece , s’è visto confermare il massimo della pena per l’uccisione di Gaetano Carmelo Pirrello e il tentato omicidio di Salvatore Pasqualino. Mentre, di contro, è stata annullata la sentenza per le uccisioni di Michele Fantauzza e Pino Ferraro. Per queste due ultime contestazioni sarà riprocessato dalla corte d’Assise d’Appello di Catania. Così come saranno i giudici catanesi a giudicare nuovamente il capomafia di Mazzarino, Salvatore Siciliano, che s’è visto annullare, con rinvio, la condanna al carcere a per la morte di Andrea Pirrello e il fallito agguato al padre, Salvatore Pirrello. Nuovo passaggio in appello anche per Giovanni Tararà – assistito dall’avvocato Giampiero Russo – accusato del tentato omicidio di Salvatore Pasqualino, ma soltanto per la rideterminazione della pena. Ultimo ricorso, quello di Vincenzo Cammarata al quale è stata confermata l’assoluzione per l’uccisione di Angelo Lauria, anche se per il solo aspetto civilistico. Sì, perché dal punto di vista penale era stato già giudicato non colpevole, ma le parti civili hanno poi impugnato il verdetto. Sul capo dello stesso Vincenzo Cammarata – come i due fratelli e Siciliano assistito dagli avvocati Vincenzo Vitello e Adriana Vella – resta , di contro, la condanna a 18 anni di carcere per mafia. Gli agguati al centro del processo, sia quelli andati in porto che gli altri a vuoto, sono stati messi a segno tra Riesi e Mazzarino tra il 1992 e il 1998. I familiari delle vittime si sono costituiti parti civili. L’inchiesta ha messo a nudo anche una sorta di guerra di potere che si sarebbe innescata all’interno di Cosa nostra nel tentativo di scalzare dal “trono” i Cammarata di Riesi. Una lunga catena di sangue, quella al centro dell’inchiesta, fatta di cinque omicidi e tre fallite imboscate.