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È morto Sebastiao Salgado, fotografo che ha raccontato il mondo in bianco e nero

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Sebastião Salgado, il fotografo che ha raccontato il mondo in bianco e nero, è morto a 81 anni. Il suo non era uno sguardo come gli altri perché sapeva oscillare e spostarsi continuamente tra il meglio e il peggio del nostro pianeta. Esaltare la bellezza profonda e inesplorata della foresta amazzonica e denunciare, senza fronzoli o ricami, la miseria dell’essere umano. Girare per una delle sue ultime mostre, Amazonia, significava perdersi ascoltando il battito di un universo a volte sconosciuto, tra rumori, suoni, voci. E scatti, naturalmente. Dettagli, certo. Occhi, soprattutto. Il fotografo franco-brasiliano si è spento a Parigi dopo cinque decenni di duro lavoro, di viaggi, di impegno sociale. Nessuno come lui ha raccontato un pianeta in sofferenza ma vivo, pulsante, speranzoso. Fiero autodidatta, Salgado lascia un’eredità unica, frutto di centinaia di viaggi, rullini, testimonianze. I suoi lavoro sono comparsi dappertutto, da Life al Time, dentro a volumi, raccolte, poster, social network. Fame, guerre, tragedie umanitarie e richieste, disperate di aiuto. Le foto di Salgado, attivista di sinistra fin dai tempi dell’università, hanno spesso dato corpo a popolazioni che avevano bisogno di una voce, di un tramite, di un mezzo attraverso cui farsi sentire. Dal Rwanda al Guatemala, passando per l’Indonesia, il Bangladesh. E il Brasile, naturalmente. Oggi possiamo osservare la Terra attraverso i suoi click, le sue pose, in un modo totalmente originale. E poi c’è l’immenso lavoro sulla foresta amazzonica, uno dei suoi impegni più grandi, che gli procurava sofferenza ma che non ha mai smesso di raccontare. Il suo lavoro è uno dei più grandi manifesti viventi per la difesa dell’ambiente, anche grazie al lavoro della sua compagna di una vita, Lélia Deluiz Wanick Salgado. Nel corso della sua carriera ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali, tra cui il Premio Prince of Asturias per le Arti (1998) e il Premio della Fondazione Hasselblad (1989). E poi c’è il documentario girato da Wim Wenders, insieme al figlio, Juliano Ribeiro Salgado, che racconta in viaggi in Papua Nuova Guinea e nel Circolo Polare Artico. Si chiama “Il sale della terra” ed è stato anche nominato agli Oscar. Un racconto che può essere vissuto anche sfogliando le pagine del libro Genesis. Guardate l’uno, e leggete l’altro.

Le umili origini e il racconto degli ultimi

I grandi scatti

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