E’ stata individuata una popolazione di squali bianchi che nuota nel Canale di Sicilia. A riuscirci gli scienziati del College of Natural Resources and Environment, presso Virginia Tech, e dell’Università statale dell’Oregon, che hanno pubblicato un articolo sulla rivista Frontiers of Marine Science per rendere noti i risultati del proprio lavoro. Il team, guidato da Francesco Ferretti, ha esaminato le possibili strategie per preservare una delle popolazioni di squali bianchi più a rischio del pianeta. I ricercatori hanno organizzato tre spedizioni tra il 2021 e il 2023, concentrandosi sui potenziali hotspot per la specie nel Canale di Sicilia. Gli studiosi hanno individuato le tracce degli squali e mappato la loro distribuzione. “La sfida è stata molto interessante – commenta Ferretti – ma abbiamo ottenuto informazioni preziose sulla loro abbondanza e distribuzione. Questo lavoro ci ha portato alla White Shark Chase, un’iniziativa che ci ha permesso di identificare le possibili aree del Mediterraneo in cui potrebbero vivere gli squali”. Nel Mediterraneo, spiegano gli esperti, la specie è molto rara, e non è semplice individuare le colonie, soprattutto perché, a differenza di luoghi come la California, dove gli squali si radunano vicino alle colonie di foche, non ci sono aree di aggregazione note.
“L’ecologia degli squali del Mediterraneo – sottolinea Taylor Chapple, altra firma dell’articolo – potrebbe essere differente rispetto alle popolazioni nel resto del mondo. La maggior parte degli squali si nutre infatti di foche, la cui carne è ricca di grasso. Al contrario, gli esemplari del Mediterraneo cacciano prevalentemente tonni e pesci più piccoli, eppure riescono comunque a crescere considerevolmente. Ciò capovolge quasi completamente la nostra comprensione della specie”.
La tecnologia avanzata per mappare il Dna ambientale
Grazie a metodi e tecnologie migliorati rispetto agli sforzi precedenti, gli autori hanno campionato il Dna ambientale, che rileva tracce di materiale genetico animale nell’acqua. Allo stesso tempo, gli esperti hanno utilizzato telecamere di superficie e di acque profonde con esche per attirare gli squali. Durante le spedizioni, gli scienziati hanno identificato la presenza di squali bianchi in cinque occasioni nei quattro siti considerati.
“Come ci aspettavamo – sostiene Ferretti – ci siamo resi conto ben presto che effettivamente gli squali bianchi erano molto rari. Dobbiamo ricalibrare il nostro approccio e sviluppare nuove strategie. Nonostante queste sfide, siamo stati in grado di identificare una colonia, al largo dell’Africa settentrionale. Questa zona è fortemente influenzata dalla pesca ed è lì che stiamo concentrando i nostri sforzi. Anche se non abbiamo concluso nessuna osservazione diretta di squali bianchi – conclude Ferretti – siamo riusciti a marcare uno squalo mako. Ora stiamo raccogliendo fondi per le spedizioni future, che saranno mirate a monitorare le popolazioni esistenti. Attualmente, purtroppo, non esiste un programma di monitoraggio e conservazione ufficiale per questi animali, ed è pertanto fondamentale individuare strategie mirate per non compromettere la sopravvivenza degli squali bianchi nel Mediterraneo”.