Mussomeli – Si sono conclusi, la scorsa domenica, 14 settembre, con un giorno d’anticipo, i festeggiamenti per la patrona di Mussomeli, Maria Santissima dei Miracoli. La Bedda Matri che sotto il suo manto raccoglie tutto il popolo mussomelese e non solo. Ma il culto di Maria non si esaurisce certo con la chiusura dei festeggiamenti patronali che, come tutte le manifestazioni a carattere religioso, uniscono all’unisono, sacro e profano. In una sinfonia che è quasi impossibile scindere le due cose. Così avviene che la pietà popolare si esprime ed esprime devozione verso e attraverso quei “feticci”, volti non di carne, ma volti ad incarnare un mistero. La religione cristiana, si sa, è l’unica dei tre culti ad indirizzo monoteistico, che ammette la rappresentazione divina. Così è per Gesù Cristo, così è per la Vergine Madre. E questo proprio in virtù del dogma della reincarnazione che fa di Cristo un Uomo fra gli uomini. E di Maria, la Madre di tutte le madri e dei loro figli. Contorta e controversa è la storia che consegna al popolo mussomelese, pio e devoto al culto mariano, il simulacro della Vergine nella sacra rappresentazione del Miracolo. Anch’esso, a quasi sei secoli di distanza, ancora oggi discusso e approfondito. Che, peraltro, sarà oggetto di prossima pubblicazione a cura del professore Calogero Enzo Barba. Il bellissimo simulacro di Maria Santissima dei Miracoli si inserisce nel solco della fervida attività scultorea di Francesco Biangardi. Giunto a Mussomeli quasi per caso, per intercessione di padre Giuseppe Alaimo, un giovane domenicano, originario di Mussomeli, che i superiori avevano mandato a Napoli per studiarvi pittura. Una favorevole congiuntura volle che la chiesa del Carmine, agli inizi degli anni Settanta dell’Ottocento, era officiata dal sacerdote Michele Cicero, coadiuvato dal sacerdote Carmelo Catania che, assieme, avevano trovato i fondi per un nuovo simulacro del Titolare della chiesa. Nella scelta dello scultore, i due sacerdoti si trovarono a interpellare padre Alaimo. Fra i vari artisti interpellati, il lavoro se lo aggiudicò l’amico Biangardi. Che, per l’occasione, venne a tentare fortuna nella parte interna della Sicilia. Dove di fatto si trasferì con la famiglia nel 1873. Le chiese con annessi sodalizi, fecero quasi a gara per accaparrarsi un’opera del Biangardi che aveva preso bottega proprio nei pressi della chiesa del Carmine. Arrivò pure la volta del veneratissimo simulacro della Madonna dei Miracoli che versava in evidente stato di precarietà. Per avere accompagnato la devozione popolare lungo circa tre secoli di cammino. Fu così che il rettore del Santuario, il domenicano padre Giovanni Sorce, a partire dal 1876, si impegnò a dare inizio ad una nuova immagine della Madonna. Cosa che non era certo facile, dato l’attaccamento del poppolo di Mussomeli al cinquecentesco simulacro, per quanto fatiscente si presentasse. Lo scultore sistemò il suo laboratorio direttamente nel chiostro dell’ex convento e si volle benedire solennemente il tronco scelto per la scultura, prima che l’artista vi ponesse mano. Si narra che il Biangardi, subito dopo la benedizione, abbia dato i primi colpi di scalpello, quasi come ispirato. L’operazione, più dell’opera, si rivelava piuttosto impegnativa. Solo un risultato che sintetizzasse le esigenze del culto e i canoni dell’arte avrebbe potuto superare le antiche resistenze. Ai lavori su cui aleggiava l’aura indiscussa del presepista, sovrintendettero padre Alaimo e il suo amico gesuita padre Antonio Langela. Ricordiamo che è del 7 luglio 1866 la legge per la soppressione degli Ordini religiosi. In cui anche Mussomeli pagò dazio. Ma fu in questo ambiente di sodalizio umano, artistico e religioso che il capolavoro del Biangardi vide la luce. L’armonia descrittiva ha avuto la meglio sulle precedenti approssimazioni anatomiche dell’artista, ma, a colpire maggiormente è la capacità delle figure a suscitare sentimenti ed emozioni. La bellezza della Donna si fa dolce amorevolezza di Madre, nel portamento eccelso della Regina. Ecco la Bedda Matri dell’invocazione popolare. Drammatica e realistica appare invece la figura del paralitico con evidenti richiami al famoso “Pezzente” del Sammartino a Napoli. Il putto invece è caratterizzato da una spiccata leggiadria, intanto che sostiene lo stemma del paese, in posizione simmetrica al paralitico. A coronamento il magnifico fercolo in legno dorato . Eppure, nonostante il nuovo simulacro avesse tutte le carte in regola, anzi di più, non riuscì ad imporsi sul vecchio che rimaneva l’oggetto privilegiato della devozione popolare. Si impose un vero e proprio “atto di forza” del rettore padre Giovani che d’emblée, fece sparire la scultura e, al suo posto, venne collocato il nuovo capolavoro. Che, da lì a poco, conquistò il favore del popolo. Del resto non poteva essere altrimenti, data tanta bellezza! La vecchia statua rimase, dimenticata, in soffitta per quasi un secolo. Qualche decennio fa fu padre Spinnato a riprenderla, farla restaurare e collocarla in cripta. Nel 2010 il gruppo subisce un importante restauro finanziato dall’Assessorato Regionale ai Beni Culturali e dell’Identità Siciliana dell’importo complessivo di 28.000,00 euro. I lavori sono stati appaltati dalla Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Caltanissetta, allora diretta dal Soprintendente arch. Matteo Scognamiglio, ad un’impresa di Capo D’Orlando, progettati e diretti dall’architetto Giovanni Crisostomo Nucera, in qualità di dirigente responsabile del Servizio per i Beni Storici Artistici e Iconografici della Soprintendenza di Caltanissetta, collaborato dal geometra Vincenzo Anzalone, mentre la funzione di Responsabile Unico del Procedimento è stata svolta dal Dirigente Responsabile arch. Mariolina Giglio. I lavori di restauro eseguiti dai restauratori Maria Grazia Murabito, Giuseppe e Gaetano Inguagiato hanno riportato il gruppo al sua antico splendore. Si è trattato di restauro conservativo, al tempo in cui era rettore del Santuario padre Diego Di Vincenzo. Sempre in virtù dell’interessamento dell’architetto Nucera, già presidente del Parco Archeologico della Valle dei Templi, la festa della Madonna dei Miracoli è stata iscritta al Registro delle Eredità Immateriali, nel libro delle Celebrazioni, delle Feste e delle Pratiche rituali.






























