Villalba – È al carcere di Villalba che l’ex agente di polizia penitenziaria, oggi collaboratore di giustizia, avrebbe conosciuto colui che gli avrebbe rivelato alcuni aspetti del piano stragista di Cosa nostra. E tanti segreti ancora compresi altri presunti coinvolgimenti, rispetto a quelli già noti, nella strage di Capaci
Ma lui, Pietro Riggio, originario di Resuttano, con un passato da uomo in divisa e un presente da collaborante – con in mezzo la sua appartenenza a Cosa nostra con un ruolo tutt’altro che marginale nel Nisseno – di quel detenuto dal quale avrebbe ricevuto confidenze, l’identità l’ha chiaramente indicata.
Uno che poi – secondo la teoria del pentito – avrebbe tentato anche di togliersi la vita mentre era recluso nel carcere villalbese.
Ma al contrario di come il pentito avrebbe asserito, l’altro non sarebbe mai stato una figura apicale in seno ai clan ma solo cognato di un cugino di primo grado del numero uno di Cosa nostra nella provincia nissena, il boss di Vallelunga Giuseppe «Piddu» Madonia.
Ed è stato accertato che le strade dei due, in quel carcere di Villalba, si sarebbero incrociate. Perché lì, per poco più di due anni e mezzo, a cavallo della metà degli anni novanta, avrebbe prestato servizio lo stesso Riggio quand’era agente di polizia penitenziaria. E in quello stesso carcere era detenuto, per scontare una condanna per associazione mafiosa, anche il presunto custode di quelle informazioni relative a Cosa nostra e che sarebbero state girate a colui che, anni dopo, ha saltato il fosso avviando un rapporto di collaborazione con la giustizia.
Riggio, peraltro, è stato pure indicato come confidente dei carabinieri girando loro indicazioni – nella prima metà degli anni duemila – compreso la presenza di una talpa negli uffici giudiziari di Caltanissetta, oltre che a tracciare una mappa della mafia nissena e non soltanto.