Caltanissetta – Chieste tre condanne per presunta intestazione fittizia di beni. È stata la procura a sollecitarle a conclusione dell’istruttoria dibattimentale a carico di tre imputati nisseni finiti in giudizio sull’onda di un’inchiesta della polizia che nel dicembre di sette anni fa ha fatto scattare due arresti e, per una donna, l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
È di due anni la richiesta avanzata nei confronti di un quarantaduenne, Filippo P., mentre un anno e quattro mesi ciascuno sono stati sollecitati per il quarantacinquenne imprenditore, Matteo A. e la quarantaquattrenne Alessia T. – assistiti dagli avvocati Massimiliano Bellini, Dino Milazzo e Salvatore Amato – per accuse differenti: i due uomini per intestazione fittizia di beni e la donna per tentata intestazione di beni.
Secondo la tesi accusatoria, l’imprenditore, per evitare eventuali misure patrimoniale perché già coinvolto in una precedente indagine , avrebbe intestato beni a prestanome per evitarne il sequestro. Tra le pieghe di quest’ultima indagine sono stati “requisite” due sale scommesse a Caltanissetta.
Le indagini della polizia sono partite nel momento in cui la donna s’è presentata in questura chiedendo alla divisione di polizia amministrativa e sociale il rilascio di due licenze di pubblica sicurezza per subentrare nella titolarità al sospetto prestanome. Concessioni che non sono state accordate. E le successive indagini avrebbero svelato uno scenario differente e , secondo l’accusa, chi si sarebbe realmente celato dietro quelle presunte operazioni fantasma, per eludere eventuali sequestri.