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L’impegno di Patrizia la Piana: “Operatrice sanitaria a malattie infettive di Pavia , qui curato paziente 1 di Codogno”

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Mussomeli – Mussomelese, da tempo si è trasferita a Pavia dove lavora come
operatrice sanitaria, trovandosi in prima linea nella lotto contro il
Coronavirus. “Sono un’operatrice sanitaria della Clinica Malattie
Infettive del Policlinico San Matteo di Pavia, l’ospedale dove è stato
curato Mattia, il paziente 1 di Codogno e dopo di lui moltissimi
contagiati da Covid-19 con sintomi gravi. Quella che sembrava essere
una minaccia geograficamente molto lontana, nel giro di pochi giorni, si
è concretizzata provocando in noi operatori uno stato di massima
allerta. Troppo scarse erano le conoscenze di questo virus e troppo alto
il numero di persone che rapidamente venivano contagiate. E’ stata una
corsa contro il tempo: cercare di aiutarli tutti, giovani e meno giovani,
sfruttando al massimo i presidi a nostra disposizione e ottimizzando i
tempi facendo squadra come mai prima d’ora. E’ stato un continuo
alternarsi di momenti di gioia per ogni paziente che migliorava e
momenti di angoscia, per ogni paziente che non ce la faceva. Troppi i
morti ogni giorno tra le mani! Troppa la sofferenza! Questa ci ha storditi,
ma spronati a lavorare con ancora maggiore impegno, attenzione e forza
per far si che i numeri scendessero. Tanti i volti che porterò nella mia
memoria fotografica, tanti quelli che conserverò nel mio cuore: nonni
che sentivano la morte avvicinarsi e chiedevano invano di poter vedere i
nipoti. Quanto dispiacere nel non poter esaudire il loro ultimo desiderio.
Poi medici e infermieri, sacerdoti, cittadini di ogni estrazione sociale,
italiani e stranieri..il virus ha colpito chiunque. Famiglie intere, i cui
membri si trovavano sparsi per i vari ospedali del nord senza avere
reciproche notizie. Da mamma sono rimasta particolarmente segnata
dalle lacrime composte di una ragazza che, ricoverata insieme ai
genitori, li ha persi entrambi nello stesso giorno; la madre era
un’infermiera prossima al pensionamento. La paura del contagio è stata
sempre con noi, nonostante i dispositivi di protezione individuale
altamente performanti e gli ambienti che consentono un’adeguata
profilassi. Ogni giorno i media aggiornavano anche il numero dei decessi
tra il personale sanitario e questo acuiva i timori. Triste è stato
distanziare i propri cari al domicilio per paura di contagiarli. Dopo più
due mesi, molto di più oggi si sa di un virus che si doveva conoscere e

combattere allo stesso tempo. I successi sono stati ottenuti a caro
prezzo purtroppo. Il lavoro dei ricercatori continua incessantemente e
fra gli addetti ai lavori si respira più ottimismo e serenità, tuttavia si
guarda con grande apprensione alla fase 2 e a ciò che potrà accadere
nelle prossime settimane a seguito della riapertura progressiva. Il
vaccino è ancora lontano dall’essere una concreta realtà a portata di
mano. Il Coronavirus continuerà dunque a condizionare e limitare molto
la vita personale e lavorativa di ognuno di noi ancora per un tempo
relativamente lungo e la prudenza sarà dunque assolutamente
imprescindibile. La parola fine è in questo momento inopportuna
nonchè pericolosa. La fase 2 la ritengo necessaria e giusta poichè
fondata sul principio della gradualità che consentirà di monitorare
meglio la situazione epidemiologica (tamponi, test sierologici, profilassi)
e consentire di arginare i possibili pericoli con maggiore consapevolezza.
Voglio concludere con un messaggio di speranza e fiducia: ogni cittadino
che compie quotidianamente azioni responsabili, da idealmente la mano
al mondo medico e scientifico che ci condurrà fuori dalla Pandemia”.

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