San Cataldo – Non volevamo uccidere. E, per altro, due dei tre imputati non avrebbero colpe. Che, nel concreto, s’è tradotto in due richieste di assoluzione e una di condanna, ma per omicidio preterintenzionale e non volontario.
Così l’accusa al processo a tre buttafuori della discoteca «Goa» di Palermo in cui, l’allora venticinquenne Aldo Naro, è stato ucciso. Era la notte di San Valentino di dieci anni fa.
La sola richiesta di condanna, con 10 anni di reclusione, è stata avanzata nei confronti di Francesco Troia – assistito dall’avvocato Salvino Pantuso – ma per omicidio preterintenzionale. Perché secondo l’accusa, lo avrebbe sì colpito, con calci che hanno raggiunto la vittima al fianco e al viso, ma non con l’intenzione di uccidere. L’imputato sarebbe stato riconosciuto attraverso i filmati girati dall’impianto di videosorveglianza della discoteca, per via di alcuni particolari, come barbetta incolta e strisce catarifrangenti alle scarpe. E sarebbe stato tra coloro che, successivamente, avrebbero trascinato il corpo ormai esanime di Aldo Naro fuori dal locale.
Proposta, di contro, dallo stesso pubblico ministero, l’assoluzione per altri due buttafuori della stessa discoteca, Pietro Covello e Gabriele Citarrella , per non avere commesso il fatto. Gli elementi a loro carico, secondo la tesi del pm Claudio Camilleri, non sarebbero sufficienti a fissare la loro colpevolezza. Sullo sfondo, sempre secondo la teoria degli inquirenti, anche testimonianze durante il dibattimento che si avrebbero rivelate contraddittorie. Deduzioni accolte con comprensibile, grande , amarezza da parte dei genitori di Aldo Naro.
Un quadro, quello prospettato dalla procura alla corte d’Assise di Palermo, che è stato fortemente contestato dai legali di parte civile , gli avvocati Antonino e Salvatore Falzone e Falzone, che hanno presentato una corposissima comparsa conclusiva. «Non condividiamo l’impostazione della procura», è la loro analisi.
Secondo gli stessi legali, che hanno chiesto tre condanne per omicidio volontario «perché tutti e tre hanno contribuito all’omicidio», Troia avrebbe preso a calci Aldo Naro con l’intenzione di uccidere. Trascinandolo poi fuori dal locale quando era già tramortito. E in questa azione di strascicamento sarebbe stato collaboratore, sempre per i legali di parte civile, da Citarrella. Prima lo avrebbero tirato fuori dal privé, quand’era già stato colpito violentemente e, poi, l’allora minorenne già condannata in via definitiva, gli ha sferrato un altro micidiale calcio alla nuca. A quel punto il corpo del giovane medico sarebbe stato tirato fuori dal «Goa».
Si tornerà in aula a luglio per gli interventi dei difensori dei tre imputati alla sbarra.