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Mafia di Campofranco, nove le condanne e tre assolti: in 2 scarcerati dopo la sentenza

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Campofranco – Inchiodata sulle proprie responsabilità la «mafia di Campofranco». Con una pioggia di condanne, passando per qualche parziale assoluzione. Altri tre sono stati assolti e due di loro hanno ottenuto l’immediata scarcerazione.
Verdetti di colpevolezza, a cominciare dal boss. Ruolo che gli inquirenti gli hanno attribuito già diversi anni addietro al sessantaduenne Angelo «fungiddra »Schillaci  – assistito dall’avvocato Antonio Impellizzeri -condannato a 23 anni in continuazione con altre sentenze. Lui che la libertà l’aveva riconquistata il 24 ottobre del 2022 dopo avere scontato due condanne per mafia, una a dodici anni anche per una tentata estorsione, l’altra a quattro anni e mezzo.
Segue con 17 anni di carcere (venti chiesti dal pm), secondo un ordine per entità della pena, il sessantatreenne Claudio Rino «spatuzza» Di Leo – assistito dall’avvocato Dino Milazzo – indicato come scudiero di colui che è ritenuto a capo della famiglia mafiosa di Campofranco; sono 9 gli anni inflitti al quarantacinquenne Calogero Schillaci – assistito dall’avvocato Antonio Impellizzeri – (quattordici anni e otto mesi chiesti dall’accusa) nipote del boss; è di  8 anni e 6 mesi la pena (sedici gli anni sollecitati dalla procura) per il sessantasettenne di Casteltermi , Vincenzo Spoto – assistito dall’avvocato Carmelo Amoroso – chiamato in causa per una tentata estorsione e una presunta partita di marijuana di ventidue chili;  il cinquantacinquenne di Milena , Gioacchino «Iachino» Cammarata – assistito dall’avvocato Giuseppe Bongiorno – condannato a 8 anni e 4 mesi (dieci anni e otto mesi quelli chiesti); 3 anni al cinquantatreenne di Milena, Paolino Giuseppe Santo Schillaci – assistito dagli avvocati Pietro Sorce e Maria Vizzini – (sei gli anni proposti); la trentaduenne Carmeliana Schillaci – assistita dall’avvocato Antonio Impellizzeri – moglie del nipote del boss, ha rimediato  2 anni, 2 mesi e 20 giorni per una tentata estorsione da 73 euro a un benzinaio (rischiava quattro anni e sei mesi); e chiude il licatese quarantaduenne Calogero La Greca  – assistito dall’avvocato  Salvatore Graci – con 5 mesi e 10 giorni (un anno e quattro mesi chiesti).
Tre gli assolti. Sono il quarantacinquenne di Sommatino Luigi Cocita – assistito dall’avvocato Giovanni Salvaggio – e per lui anche il pubblico ministero Stefano Strino aveva chiesto un verdetto di non colpevolezza. E, ancora, non colpevoli, il settantatreenne di Campofranco , Calogero Maria Giusto Giuliano – assistito dagli avvocati Giuseppe Dacquì e Giuseppe Scozzari – (per lui erano stati chiesti otto anni) accusato di associazione mafiosa per un’intercettazione durante un colloquio con Calogero Schillaci, ma adesso risultato assolutamente estraneo a ogni dinamica di “cosa nostra” – e il cinquantunenne di Casteltermini Gian Luca Lamattina – assistito dall’avvocato Daniela Salamone – (la richiesta del pm era di sei anni) che avrebbe assunto un ruolo marginale in una tentata estorsione. Entrambi erano ai domiciliari ma sono stati scarcerati subito dopo la sentenza assolutoria. Un verdetto che Giuliano, in aula, ha accolto tra le lacrime stretto nell’abbraccio di moglie e figlio.
A loro, giudicati con il rito abbreviato dal gup di Caltanissetta, Emanuela Carrabotta, s’è aggiunto il cinquantaduenne di Campofranco Fabio Giovenco – ora assistito dall’avvocatessa Daniela Salamone – processato con il rito ordinario e condannato a un anno e 4 mesi perché tirato in ballo per quattro episodi di spaccio, ma per uno dei capi d’imputazione è stato assolto.
Il Gup, inoltre, ha condannato Di Leo, Spoto, Cammarata, Angelo, Calogero, Paolino Giuseppe Santo e Carmeliana Schillaci a indennizzare l’«Associazione rete per la legalità Sicilia – Associazioni e fondazioni contro il racket e l’usura- coordinamento regionale» e i soli Cammarata , Di Leo, Angelo, Calogero e Paolino Giuseppe Santo Schillaci, a risarcire Carmelo Grasso, Silvana Urso e Chiara Grasso, costituiti pure parti civili.
Associazione mafiosa, estorsione aggravata dal metodo mafioso – aggravante questa caduta-  tentata estorsione, armi e spaccio di droga, le accuse , a vario contestate ai dodici imputati finiti al centro dell’inchiesta dei carabinieri   «Antico Vallone» che nel maggio dello scorso anno ha fatto scattare dieci arresti, di cui sette in carcere e tre ai domiciliari.

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