Campofranco – Il boss di Campofranco resta in cella. Così come il nipote e altri indagati ancora. Tutti coinvolti nel blitz antimafia dei carabinieri che tre settimane fa ha fatto scattare dieci misure cautelari di cui sette in carcere.
In cella era e lì rimane il sessantunenne Angelo “fungiddra” Schillaci, così come il nipote, il quarantaquattrenne Calogero Schillaci – assistiti dall’avvocato Antonio Impellizzeri).- che sarebbe stato pronto a raccogliere l’eredità dello zio in caso di sue nuove disavventure con la giustizia.
Sì, perché Angelo Schillaci era stato scarcerato nell’ottobre di due anni fa dopo avere scontato due condanne, per mafia ed estorsione, a sedici anni e mezzo. E proprio dop il suo ritorno in paese da uomo libero, Cosa nostra – è la tesi accusatoria – si stava riorganizzando per alzare la testa e tornare e soffocare l’economia locale stringendola nella morsa del pizzo.
Il solo a lasciare il carcere di Agrigento, dov’era rinchiuso, è il settantaduenne campofranchese Calogero Maria Giusto Giuliano – assistito dagli avvocati Giuseppe Dacquì e Giuseppe Scozzari – ora ai domiciliari. Su lui pende l’ipotesi di associazione mafiosa.
Libero è tornato anche il quarantacinque sommatinese Luigi Cocita – assistito dall’avvocato Giovanni Salvaggio – che per diversi giorni è rimasto un ricercato. I carabinieri lo hanno poi arrestato a Sommatino, sottoponendolo ai domiciliari, al suo rientro dall’estero. Alcuni giorni dopo il gip gli ha concesso la libertà.
In carcere erano e lì rimangono anche il sessantaseienne di Casteltermini, Vincenzo Spoto e il cinquantaquattrenne milenese Gioacchino «Iachino» Cammarata (assistiti, rispettivamente, dagli avvocati Carmelo Amoroso e Giuseppe Bongiorno), pure loro ritenuti punti di rifermento dell’organizzazione mafiosa.
Queste le decisioni assunte dal tribunale del riesame presieduto da Andrea Catalano, con al suo fianco i giudici Nadia Marina La Rana nella veste di relatore e Salvina Finazzo.
Altri indagati non hanno impugnato la misura cautelare, un decimo, invece, il cinquantunenne di Campofranco, Fabio Giovenco – difeso dall’avvocato Ferdinando Milia – è ancora in attesa che il tribunale vagli il suo ricorso.