Caltanissetta – In otto torneranno sul banco degli imputati per rispondere di mafia e pizzo. Tutti dal primo passaggio in aula ne sono usciti con l’affermazione di responsabilità.
E andranno alla sbarra, per un processo in appello, il quarantaseienne Massimo Scalzo, cinquantaquattrenne Luigi Vivacqua, il cinquantanovenne Gioacchino Chitè) condannati a 9 anni dicarcere; il ventinovenne Ivan Cristian Callari, quarantenne Angelo Giumento e il ventinovenne Salvatore Raimondi che hanno rimediato 5 anni e 8 mesi; il quarantaquattrenne Alessandro Scalzo al quel sono stati inflitti 4 anni e 2 mesi e il cinquantunenne Calogero Maurizio Di Vita, ritenuto uomo di spicco in Cosa nostra a San Cataldo con la pena a un anno in continuazione con una precedente sentenza «Kalyroon».
Gli otto – difesi dagli avvocati Sergio Iacona, Torquato Tasso, Gianluca Amico, Salvatore Baglio, Giuseppe Dacquì, Dino Milazzo, Calogero Vinci, Angelo ed Ennio També – sono tutti i sancataldesi e devono rispondere, a vario titolo, di mafia, concorso esterno in associazione mafiosa e diversi capi legati ad estorsioni aggravate.
Secondo l’impianto accusatorio avrebbero tentato d’imporre assunzioni o il pagamento di prestazioni non effettuate a una società cooperativa che gestiva il servizio di raccolta rifiuti a San Cataldo.
I fatti in questione, secondo l’accusa, sarebbero racchiusi nell’arco di sei anni, quelli che andrebbero dal 2011 al 2017.
Nell’inchiesta sono rimasti coinvolti anche imprenditori, ed funzionari, professionisti e persino un sottufficiale dei carabinieri, che però hanno scelto altre formule processuali e le loro posizioni si sono scisse