Niscemi – Quelle intercettazioni all’utenza del presunto capo non sono utilizzabili. Così la difesa al processo alla “mafia di Niscemi”. Almeno in uno dei due tronconi processuali , quello che si sta celebrando in ordinario al cospetto del tribunale di Gela. Le intercettazioni riguarderebbero l’utenza di Alberto Musto, ritenuto il capo del mandato di Gela. E in tal senso il tribunale si è riservato per l’eventuale nomina di un perito.
Mentre nell’altra tranche, in abbreviato a Caltanissetta, sull’onda dell’intervento difensivo dell’avvocato Danilo Tipo, il giudice ha disposto l’audizione di quattro testi.
Così, in differenti aule, per i procedimenti legati alla maxi inchiesta antimafia «Mondo Opposto» che nel dicembre di due anni fa ha fatto scattare una trentina di arresti dei carabinieri per le accuse, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, favoreggiamento personale, violenza privata, minaccia e minaccia a pubblico ufficiale, illecita concorrenza con minaccia e violenza, incendio, porto e detenzione di armi e munizionamento, ricettazione e autorizzazione degli atti inerenti alla sorveglianza speciale.
Sotto processo, nella parentesi in abbreviato, oltre allo stesso Musto, anche il fratello Sergio Musto, Andrea Abaco. Carlo Zanti, Carmelo Raniolo, Davide Cusa, Francesco Amato, Francesco Cantaro, Francesco Cona, Francesco Piazza, Francesco Torre, Gianni Ferranti, Giovanni Ferranti, Giuseppe Auteri Giuseppe Manduca, il medico Paolo Rizzo, Luigi Cannizzaro , Mariantonietta Caruso, Renè Salvatore Di Stefano, Vincenzo Cannizzaro e Viviana Caruso.
Sono giudizio in ordinario, invece, il poliziotto in pensione di Niscemi, Salvatore Giugno, il carabiniere, pure lui niscemese, Giuseppe Carbone, Salvatore e Antonino Pittalà e , infine , Gaetano, Salvatore e Alessandro Fausciana di Mazzarino.
Il Comune di Niscemi si è costituito parte civile così come i ministeri dell’Interno e della Difesa