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Mafia e pizzo, piccolo esercito d’imputati in abbreviato

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Caltanissetta – È in abbreviato che hanno chiesto di essere giudicati. Così le loro posizioni si sono scisse dalle altre. Tutti coinvolti nella maxi inchiesta su mafia, pizzo e armi ribattezzata «Mondo opposto» che nel dicembre di due anni fa ha fatto scattare una trentina di misure cautelari.

Inchiesta che, secondo gli inquirenti, ha dato scacco alla mafia di Niscemi. E in ventuno hanno scelto di essere giudicati con il rito abbreviato. A cominciare da Alberto MUSTO, ritenuto il capo del mandamento di Gela e già coinvolto in precedenza nell’inchiesta «Fenice», il fratello Sergio Musto,  Giovanni Ferranti, il medico Paolo Rizzo, Vincenzo Cannizzaro, Francesco Amato,  Francesco Cantaro, Davide Cusa, Viviana Caruso, Francesco Piazza,  Mariantonietta Caruso, Carmelo Raniolo, Francesco Cona, Francesco Torre, Luigi Cannizzaro , Carlo Zanti, Giuseppe Manduca, Gianni Ferranti,  Renè Salvatore Di Stefano,  Giuseppe Auteri e Andrea Abaco.

Gli altri imputati, tra loro un poliziotto in pensione e un carabiniere niscemese, hanno scelto la via del rito ordinario.

Su loro pendono le contestazioni, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, favoreggiamento personale, violenza privata, minaccia e  minaccia a pubblico ufficiale, illecita concorrenza con minaccia e violenza, incendio, porto e detenzione di armi e munizionamento, ricettazione e violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale.

L’inchiesta avrebbe pure mandato in fumo un piano per uccidere un imprenditore che non si sarebbe piegato alle richieste estorsive del gruppo. E poi altri progetti in itinere, sempre secondo la tesi accusatoria, di atti intimidatori trasversali per colpire il sindaco di Niscemi.

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