Caltanissetta – Microtelefoni in carcere. Un copione già visto. E che in questo troncone ha interessato anche due nisseni che, a quel tempo erano detenuto a Palermo.
Sì perché la vicenda processuale che dovrà aprirsi è incentrata proprio sul presunto utilizzo di piccolissimi cellulari all’interno dell’Ucciardone. Sono stati poi scovati dalla polizia penitenziaria durante perquisizioni scattate dopo che la vicenda, sotto il profilo investigativo, ha cominciato a prendere corpo.
Caso che ha coinvolto un piccolo esercito di detenuti e, tra loro, anche un paio del Nisseno. Pure loro, secondo la tesi accusatoria, grazie a quegli apparecchi durante il periodo detentivo avrebbero avuto contatti con l’esterno. Alcuni di loro, i reclusi ora finiti ulteriormente nei guai con la giustizia, sono stati poi trasferiti in altre strutture penitenziarie.
Secondo la tesi accusatoria i microscopici telefonini sarebbero stati fatti entrare in carcere presumibilmente da parenti di detenuti. Questa, almeno, è la teoria. Precedenti episodi analoghi in altre case di reclusione hanno anche rivelato differenti sistemi per poter fare entrare in carcere oggetti proibiti, come l’utilizzo di droni che si avvicinano alle celle.