Caltanissetta – Sconto di pena per le presunte pressioni su un commerciante di ortofrutta. Che sarebbe stato minacciato e poi costretto a chiudere perché avrebbe fatto concorrenza a uno degli indagati. A sua volta commerciante di ortofrutta e che sarebbe stato ritenuto il mandante di quelle esplicite minacce, mentre altri due sarebbero stati esecutori, coloro che si sarebbero presentati all’altro minacciandolo perché non avviasse l’attività commerciale.
Ora in appello, per uno di loro, la presunta “regia” di quelle intimidazioni, è arrivata una sensibile riduzione della pena. Ne ha beneficiato il quarantaseienne Emanuele Cassarà ora condannato a due anni e sette mesi di carcere, a fronte dei quattro anni e otto mesi rimediati al termine del primo processo.
Il perché è presto spiegato. Sì, perché è per la rimodulazione della contestazione, ora d’illecita concorrenza e non più tentata estorsione aggravata dai metodi mafiosi, che la pena è stata ridotta.
Secondo l’originaria tesi accusatoria, la vittima delle presunte minacce, S.S., costituito parte civile nel giudizio che poi ha preso corpo – e al quale era stato già riconosciuto il diritto a un risarcimento dei danni – si sarebbe sentito rivolgere minacce eloquenti del tipo «chiudi o ti uccidiamo», o «chiudi o saremo costretti ad abbassare la maschera», oppure «chiudi o diamo a fuoco ai tuoi mezzi».
L’indagine, curata dalla polizia , cinque anni fa è partita sull’onda di anomali rapporti tra un paio di collaboratori di giustizia e alcuni appartenenti al clan Rinzivillo di Gela. Ppi la vicenda è approdata in aula