Gela – L’ultimo passaggio in aula riscrive, dal punto di vista processuale, lo scenario di una morte bianca. Per il decesso di un dipendente della raffineria di Gela.
In particolare per la morte del giovane operaio Francesco Romano avvenuta nel novembre del 2012. Fu un pesante tubo a schiacciarlo. Ferite così gravi, quelle riportate in quell’incidente, da non lasciargli scampo.
Ora la Cassazione ha annullato con rinvio, ma per la sola rideterminazione della pena perché la colpevolezza è rimasta ferma, per Marco Morelli, Mario Giandomenico, Nicola Carrera, Rocco Fisci, Salvatore Marotta Sandro Iengo, Serafino Tuccio. A loro sono state contestate le accuse, a vario titolo, di omicidio colposo e violazione delle norme di sicurezza. Tutti con il beneficio della sospensione.
Di contro è arrivata l’assoluzione con formula piena per Fabrizio Agostini e Alberto Bertini che erano stati condannati a una ventina di mesi.
La moglie della vittima si era costituita parte civile ed a lei , già in primo grado, è stato riconosciuto loro il diritto a un risarcimento dei danni.
Secondo la tesi accusatoria la tragedia sarebbe stata frutto di carenti misure di sicurezza in quel cantiere. Una tragedia che, secondo gli stessi inquirenti, sarebbe stata evitabile perché il materiale, particolarmente pesante, sarebbe stato accatastato in maniera precaria.