Mussomeli – “Dopo quindici anni di Pronto Soccorso a Mussomeli, me ne vado, ma lascio la porta aperta…”. Così, Nino Lanzalaco, medico dell’Unità Operativa di Pronto Soccorso del Maria Immacolata Longo, si congeda da quella che, per tanti anni, è stata non solo la sua prima casa, “senza timore di smentita alcuna” -come precisa, all’indomani dell’avvenuto saluto- ma anche, e forse soprattutto, la fonte vitale di gratificazione ed entusiasmo di cui ognuno ha bisogno per svolgere serenamente il proprio lavoro. Che, in casi come questo, si traduce più in mission che in “semplice” professione. Non è stata una fuga, tantomeno il bisogno, tutto legittimo, di sfuggire a turnazioni massacranti, che, ormai -ahinoi tutti!- non sono più un segreto per nessuno. A danno, non solo dei medici, ma anche dei pazienti. D’altra parte, la carenza di medici, è ormai, un dato certo, ancorchè una piaga nazionale. Eppure, neanche questo è stato a far virare verso altri, più sconosciuti lidi, lo stacanovista in camice bianco! Quanto piuttosto quel desiderio a sperimentare che, dall’alto dei compiuti cinquantadue, appare più che superfluo, quasi necessario. Necessario come quel bisogno impellente degli spiriti inquieti che, più e più volte, lo ha portato sulla via del ritorno, in quel di via Dogliotti, a conclusione di un turno o in una rara pausa lavorativa. E c’era sempre qualcosa da fare in quel trafficato e affaccendato porto di mare a 800 mt. di altitudine, in quel posto, il più delle volte, dimenticato da Dio e dai santi. Dove ogni atto di dignità e generosità paga pegno all’altare del fotti compagno. Ma per fortuna, non sempre nè dappertutto è così. E può accadere che, fra un paziente che ti benedice e un altro che ti manda all’Inferno, proprio in quelle pareti che tutto sono fuorchè custodi di letizia, si trovi la propria dimensione e la propria ragion d’essere. Nulla di strano! Lì dove si consumano vite, e si è fatto incetta di sfuriate, si è generato un connubbio talmente potente e inscindibile che, a ragion veduta, si può dire “fino alla fine”. Manco a dirlo! il direttore dell’MCAU di Mussomeli, Giosuè Carduccio, si sarebbe sentito manco senza il suo pupillo, col quale avrà litigato infinite volte, ma proseguire senza di lui, davvero, no. Così l’Immacolata longo dei piani bassi incassa doppietta di dimissioni nell’arco di un mese o poco più. Che, in tempi di crisi, suona più come una disfatta che come una sconfitta. Soprattutto se a cedere poi è l’impalcatura stessa del sistema. E, con tutte le cose che si dovevano fare nei mesi o, addirittura negli anni precedenti, e mai più si faranno, il 2025, per il nosocomio mussomelese, si apre con lo scricchiolìo delle porte chiuse e socchiuse. E con buona pace dei colleghi Cristian Carduccio e Silvia Cordaro a cui, a Dio piacendo, spetterà l’onere di tirare la carretta. Ha salutato amici e colleghi prorio fra quelle stanze, due giorni prima di Natale, Lanzalaco, ricevendo quel tributo di affetto e stima che ha il sapore dolce e amaro della conquista. Andrà a fare il medico di Medicina Generale, una professione che, a fronte dei tre anni di corso, rimane ancora l’illustre sconosciuta. L’unica certezza è che starà perlopiù seduto dietro a una scrivania, per quel contrappasso obbligato che, al secolo, lo vide in trincea, il più delle volte con le mani in pasta e in acque non sempre quiete. “Abbracci, baci, regali, dentro e fuori dall’ospedale e, perchè no? qualche lacrimuccia che suggella il disincanto, sono la prova provata che quella porta aperta intanto che auspica un ritorno fa l’occhiolino alla “buena ventura” che solitamente “audaces iuvat”…