Caltanissetta – In quei frangenti non era nei panni di un pubblico ufficiale e, pertanto, non può essersi macchiato di peculato. È il succo della tesi difensiva nei confronti di un dirigente medico per il quale l’accusa aveva già chiesto la condanna a sette anni e un mese di reclusione.
A questa proposta di colpevolezza si è rifatta anche la stessa Asp che è costituita parte civile nei confronti del suo dipendente.
Di contro, adesso, la difesa del dirigente dell’Azienda sanitaria provinciale, il sessantaquattrenne Vito Claudio Maria Milisenna – difeso dagli avvocati Dino Milazzo e Sergio Monaco – al termine di una lunga arringa ha chiesto l’assoluzione perché il fatto non sussiste o non costituisce reato.
Sì, perché secondo la tesi accusatoria il dirigente avrebbe utilizzato strutture pubbliche per proprie attività e, peraltro senza versare importi che avrebbe dovuto. Questa è la tesi della procura.
Ma la difesa ha rilevato che i clienti in questione non erano passati dal centro unico di prenotazione della stessa Azienda sanitaria provinciale, ma in quelle circostanze avrebbe operato come un medico che stava lavorando privatamente.
Da qui, secondo i legali del professionista, la tesi che non può essersi profilato il reato di peculato che, invece, la procura gli ha contestato nel coordinare una indagine dei carabinieri.