Chiaramontano o svevo? (a cura del Professore Salvatore Vaccaro)

CALTANISSETTA –  Nel servizio di domenica scorsa, come hanno potuto constatare anche i nostri lettori osservando le straordinarie immagini allegate all’articolo, alcuni ambienti del castello di Mussomeli, in particolare le strutture e i decori di alcuni portali e delle bifore, sono stati rifatti completamente nello stile chiaramontano con gli eccezionali restauri dell’architetto Ernesto Armò, effettuati tra il 1909/10. Ma abbiamo appurato, tenendo conto delle pubblicazioni di altri esperti e studiosi dei primi anni del novecento come, ancora oggi, permangano molti dubbi sullo stile artistico-architettonico scelto dall’Armò, il quale si meravigliava anche lui, come riferito nel precedente servizio, di non avere trovato neppure un piccolo frammento di colonnina o di ornamento di una bifora o di un portale. Assolutamente certo delle origini manfredonico-chiaramontane del nostro castello e non sapendo come giustificare il mancato ritrovamento di elementi di quello stile architettonico, ipotizzava pure la possibilità che “questi preziosi testimoni della genialità chiaramontana”, oltre all’opera distruttrice ed annientatrice del tempo, fossero stati tutti trafugati!

C’è un altro curioso passaggio della sua relazione sui restauri che lascia molto perplessi, quando, nel descrivere l’accesso, per mezzo di una scaletta, dalla seconda sala con volta a crociera ad un sotterraneo con vano di porta ogivale e trilobato che dà anche su una latrina, affermava: “è la sola forma trilobata che noi abbiamo in tutto il castello, che non deve pertanto né può condurre ad altre considerazioni di epoche”! Perché l’Armò sembrava quasi sorpreso di trovare una forma architettonica diversa dalle altre e si preoccupava di ribadire che non ci doveva far pensare ad epoche diverse? Perché, probabilmente, anche a lui era venuto qualche dubbio sull’epoca di costruzione del nostro castello ( e guarda caso le aperture del castello federiciano di Castel del Monte sono a forma trilobate) … che c’era qualcosa che non convinceva nemmeno lui e che, forse, faceva pensare ad un periodo e ad uno stile antecedente a quello di Manfredi Chiaramonte… Alla fine del suo intervento sulla rivista L’Architettura Italiana del maggio 1911, ripeteva spesso, infatti, che occorrevano ancora molto studio ed altre indagini… e parlava, non a caso, di luminosa impronta normanna!

Bodo Ebhardt, l’architetto dell’imperatore Guglielmo II di Prussia, su documentazione e materiale fotografico fornito, a partire dal 1902, dal suo assistente arch. Ceasar Rave, in collaborazione con l’illustre architetto Ernesto Basile, scriveva nell’opera di 6 volumi Die Burgen Italien (I castelli d’Italia), pubblicata tra il 1916 ed il 1927, e precisamente nel quinto volume: “Forse il più pittoresco sito castellano d’Italia… può essere considerato Mussomeli… La costruzione solleva molti dubbi circa le ragioni della fondazione, della edificazione, e sul periodo di costruzione… una fonte siciliana (l’Armò?) sposta la costruzione in un periodo molto tardo, tra il 1374 ed il 1391, ed indica come committente Manfredi III Chiaramonte… Con riferimento alle forme artistiche della rovina, prima del recente restauro dovuto all’attuale proprietario principe Lanza di Scalea, vorrei io supporre un periodo di costruzione molto antecedente. I capitelli fogliati nella cappella, i costoloni, i profili del portale… sono senz’altro parenti molto stretti (!!) degli analoghi elementi costruttivi nel Castel del Monte di Puglia, quindi intorno al 1240” E concludeva: “Costruito per difesa, manca a Mussomeli ogni possibilità di attacco laterale, come era consueto già intorno al 1220 nei castelli siciliano-hohenstaufen (cioè svevi): ulteriore elemento della data di costruzione”.

Anche nel supplemento al periodico Progetto Vallone del novembre 1997, dal titolo Bodo Ebhardt ed il Castello di Mussomeli, pubblicato in collaborazione con la Soprintendenza ai BB.CC. di Caltanissetta, sia il dirigente arch. Salvatore Scuto che il dirigente tecnico arch. Patrizia Palermo, che ha curato brillantemente e tradotto in italiano gli stralci dell’opera di Ebhardt, mettono in dubbio con dovizia di particolari l’impronta manfredonico-chiaramontana del nostro castello e la comune e tradizionale datazione tardo trecentesca. L’arch. Palermo, citando pure gli studiosi Giuseppe Agnello e Giuseppe Spatrisano, nel contestare “l’intento della storiografia locale di voler quasi far coincidere necessariamente l’inizio della storia di Mussomeli con l’inizio della signoria dei Chiaramonte”, e nel riprendere le osservazioni del Sorge circa la preesistenza di un casale arabo a Mussomeli, quelle dell’Armò, nonché dello Spatrisano, più prudenti ma sempre orientati ad anticipare il periodo della costruzione del castello, in particolare per le sale con volte a crociera e la cappella, al tempo di Corrado d’Auria, ed al periodo chiaramontano quella della Sala dei baroni, ritiene che vi siano elementi architettonici del nostro castello spiccatamente appartenenti all’epoca sveva, quindi risalenti a circa 120 anni prima della signoria di Manfredi III Chiaramonte, soprattutto le strutture voltate ad ogiva, intersecate da costoloni ricadenti su capitelli a foglie arricciate e uncinate, le grandi sale che ricordano quelle dei monasteri cistercensi, le torri quadrate di derivazione dalla tecnica militare bizantina, i capitelli a foglie staccate e sottili di acanto…

Molto interessante la riflessione di Patrizia Palermo sul ripetuto accostamento che fa l’Ebhardt tra gli elementi stilistici ed architettonici del nostro castello e di quelli di Castel del Monte, il castello pugliese simbolo per eccellenza dell’impero di Federico II, ma anche di Castel Maniace di Siracusa e dei castelli di Catania (Ursino) e di Enna (Lombardia). Altrettanto importante l’intervento di Salvatore Scuto che, in un articolo su Progetto Vallone dell’agosto 1996, parlando del Mastio del nostro castello e osservandone l’articolazione muraria ed alcuni particolari architettonici che fanno propendere per una costruzione di maestranza sveva, ci riferisce pure di uno scavo fatto nella parte centrale del torrione in cui sono stati ritrovati frammenti di anfore, una moneta di Filippo II di Spagna ed altro materiale fittile, alcuni dei quali, due frammenti di boccale di protomaiolica di Gela, a detta della studiosa Salvina Fiorilla citata dallo Scuto, risalirebbero alla metà del ‘200, cioè ad oltre un secolo prima del periodo chiaramontano!

Salvatore Vaccaro

salvatore.vaccaro51@gmail.com

Lascia un commento

Ricerca in Archivio per Categorie