Caltanissetta – Imprenditore nel settore delle pompe funebri, ma vicino a Cosa nostra. Questo, per i magistrati, sarebbe il sessantottenne di San Cataldo, Diego «Dino» Calì ancora sotto processo. Per la sesta volta e sempre in relazione a un’inchiesta su mafia e delitti.
E per lui la procura generale di Catania, in questo appello “ter” ha chiesto la condanna a 9 anni di carcere per associazione mafiosa.
Lo stesso è stato già assolto dalla Cassazione, con un pronunciamento in tal senso già definitivo, come mandante dell’omicidio del cugino, Salvatore Calì, ucciso il 27 dicembre di dieci anni fa da un killer solitario.
Ora l’imputato – difeso dall’avvocato Antonio Impellizzeri – è chiamato in causa solo per la sua presunta appartenenza a Cosa nostra.
In precedenza è stato accusato anche di un fallito agguato, quello messo a segno la sera del 27 novembre del 2009 ai danni del nipote di suo cugino salvatore. Ma di questa imputazione s’è subito liberato e in maniera definitiva.
Adesso, su lui, pende questa richiesta di condanna che, caduta l’ipotesi del delitto, è assai meno pesante rispetto ai 20 anni di carcere che aveva rimediato nel precedente processo d’appello.