“Fate presto a ridarci la viabilità, nel Vallone l’unica strada rimasta è quella del tracollo”

Mussomeli – Nel quartiere “Terravecchia”, a un tiro di schioppo dall’antica chiesa di Santa Margherita,  ci sono i ruderi di una casa trasformata in discarica e riempita di rifiuti (foto  a sinistra). E’ l’emblema del paese di  Mussomeli: decadente, abbandonato,  disabitato, inagibile, irraggiungibile, privo di servizi. In un territorio in cui le strade si sono ormai estinte, l’unica obbligata da percorrere sembra essere quella del tracollo. Basta una pioggia e neanche  la viabilità creativa, fatta di ingegnosi, estenuanti e  precari percorsi alternativi, può sopperire a questa cronica e infamante carenza infrastrutturale.  Così qualche malpensante insinua che con l’eliminazione delle vie che consentono di lasciare il Vallone si sia risolto il problema dello spopolamento. Intanto stamane gli automobilisti sono stati costretti a percorrere un reticolo di pantani. La Sp 38, la Sp 243 giusto per citarne un paio, tanto che l’acronimo SP sembrerebbe essere più l’abbreviazione  di strada pericolosa piuttosto che l’indicazione di strada provinciale.  In un periodo in cui abbondano benemerenze, un riconoscimento andrebbe  poi a tutti i pendolari, gli studenti, gli automobilisti e, più in generale, agli autisti e passeggeri che, senza incorrere in esagerazioni giornalistiche, pagano la mobilità con il rischio della vita. Una pergamena da consegnare a questi intrepidi viaggiatori, magari escludendo l’appellativo di “angeli del fango” poichè , a differenza di chi si spese per salvare Firenze, in questo caso nessuno è  un volontario. Sono, infatti,  tutti costretti a percorrere  delle strade che nessuno imboccherebbe per libera scelta. Allora magari sarebbe più indicato l’appellativo di “eroi dell’asfalto”, se non fosse che nelle nostre strade l’asfalto è introvabile. Una sorta di Sacro Graal a cui si crede più per dogma di fede, per leggenda popolare che si tramanda da automobilista ad automobilista e secondo cui   c’è stato un tempo in cui il pavimento stradale era bitumato e regolare. E allora  consegniamo loro pergamene battezzandoli come “impavidi delle trazzere”. Ma facciamo in fretta a ripristinare le strade, prima che le  pergamene si trasformino in medaglie alla memoria.  Vogliamo più strade e meno lapidi.

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