Purtroppo o per fortuna, a seconda dei punti di vista, la notizia era una burla. La redazione ringrazia l’avvocato Piero Sorce, che come tutte le menti brillantissime è serio ma mai serioso, divertente ma non irriverente. Nella speranza di avervi strappato un sorriso, auguriamo a tutti buon pesce d’aprile.
MUSSOMELI – Dal pomodoro di Pechino al mandarino che parla mandarino. I cinesi abbandonano il “made in China” e puntano sulle eccellenze italiane, sui prodotti enogastronomici siciliani. Proprio la recente visita palermitana del presidente cinese dello scorso 24 marzo ha confermato e dato l’avvio agli investimenti siciliani degli orientali. In uno di questi, fautore casuale è stato il notissimo avvocato Piero Sorce, penalista di grido che racconta: “Qualche mese addietro mi sono trovato a Palermo nello studio di un collega specializzato in diritto commerciale internazionale. Mi ha presentato un magnate cinese che era alla ricerca di fondi, agrumeti in particolare. Quasi a mò di battuta gli ho proposto la zona del Vallone, indicando l’area della Valle del Platani, particolarmente vocata per il tipo di coltura a cui mirava. Dato che il nostro colloquio è avvenuto per il tramite di una traduttrice, non mi è sembrato particolarmente entusiasmato dalla mia proposta. Qualche giorno dopo però ha telefonato il mio collega chiedendo di individuare per l’uomo d’affari cinese dei terreni da acquistare di estensione compresa tra 25 e 50 ettari. Trovato il fondo in grado di soddisfare i requisiti richiesti, l’imprenditore accompagnato dal suo entourage è venuto qui per il sopralluogo. Mi ha spiegato che in Cina c’è una crescente quota di nuovi ricchi che subiscono l’appeal del made in Italy, soprattutto per il cibo e la moda. Nuovi facoltosi disposti a pagare anche 20 volte di più il prezzo dello stesso cibo o vestito ma di manifattura locale. Il magnate ha acquistato 200 ettari nel catanese e ha già firmato il preliminare di vendita per l’acquisto di 30 ettari in agro compreso tra i Acquaviva e Campofranco. Si tratta di un acquisto sperimentale, per saggiare resa e qualità. In Cina anche se la lingua preferita è il mandarino, il palato degli orientali, tra gli agrumi, predilige l’arancia. L’investitore è stato attirato dai prezzi dei terreni considerati appetibili e gli esperti al seguito hanno giudicato favorevolmente gli agrumi degustati. Come era prevedibile, l’uomo d’affari ha espresso perplessità sulla Palermo Agrigento anche se la logistica, ovvero il trasporto da e per Palermo, nelle intenzioni è di affidarlo a una società siciliana. Il magnate, in una prima fase mira a acquistare 1500 ettari da destinare alla produzione di agrumi, anche se ha confessato di avere una rete di distribuzione e vendita in Cina che, a pieno regime, necessiterebbe di almeno 5mila ettari per soddisfare l’intero fabbisogno. Nella Valle del Platani potrebbe rilevare da 1000 a 2000 ettari di terreni spesso incolti o poco produttivi. Anche sul fronte occupazionale se l’operazione dovesse andare in porto le ricadute sarebbero positive. Dal trasporto, al packaging, dai prodotti per la coltivazione e la lavorazione, alle professionalità qualificate, tutto sarebbe affidato agli italiani, perché gli opulenti cinesi sono disposti a pagare solo se il prodotto è tricolore nella sua interezza”.