VILLALBA- Può dopo più di quarant’anni un maestro essere rimasto nel cuore dei propri alunni per essere stato una persona amabile e speciale? Sì, può succedere! È ciò che è successo a Rita, Giuseppe, Renzo, Salvatore, Enza, Marilena, Mariella, Antonio, Salvatore S., Mariano e Mansueto: alunni e alunne che hanno frequentato la seconda elementare di Villalba nel lontano 1973. Galeotta fu una vecchia foto. Una foto scambiata su Whatsapp ritraente la classe e il loro maestro. È nato così il desiderio da parte di tutti di poterlo rincontrare, consapevoli di ricevere ancora degli insegnamenti. E così è stato. Lunedì 29 agosto 2016 gli ex alunni hanno rivisto il loro insegnante, un maestro di vita, che con i suoi metodi innovativi d’insegnamento, la sua indole e la grande passione per insegnamento è entrato nel cuore e nella mente di tanti suoi alunni. Il vecchio docente ha voluto consegnare agli ex alunni una lettera di un maestro “a chi alunno non è più”. Egli stesso scrive: “L’augurio che vi faccio, come vecchio maestro quale ai vostri occhi sono, è che voi, in occasione del vostro cinquantesimo anno di nascita, possiate vivere questa importante data come un momento di conferma e di accettazione della vita finora vissuta, qualunque essa sia stata e sia, e come un momento di ripartenza per il viaggio dei vostri futuri cinquant’anni”. La lettera che propone la vecchia foto, ripercorre in parte ciò che per il maestro, Damiano Filì, è stato quell’anno, la sua vita, la sua esperienza. Il maestro, che ai tempi insegnava a Milano, aveva accettato, per graduatoria, la sede di Villalba perché ciò gli permetteva di avvicinarsi al suo paese natale, Resuttano. “Considero l’anno del mio insegnamento a Villalba tra i più interessanti della mia esperienza professionale per la qualità del mio rapporto con voi, segnato da semplicità e genuinità, da grande interesse per l’apprendimento da parte di ciascuno di voi, fatte salve eccezioni e ovvie varianti legate alle particolarità di ognuno, interesse che sollecitava in me una risposta di impegno ed entusiasmo- scrive il maestro”. E continua: “Un grazie particolare a voi mi è dovuto anche per il fatto che state per essere gli unici alunni che ho avuto che vi siete ricordati del vostro vecchio maestro, esprimendo il desiderio di incontrarlo. Stiamo toccando con mano oggi che è bello questo ritrovarsi insieme, voi a 50 anni e io a 71, ad un’età in cui possiamo dire di aver ricevuto dalla vita tutto quello che comunemente una vita dà: un corso più o meno completo di studi e /o esperienze umane che ci hanno proiettato in una dimensione lavorativa e sociale, il dono di una vita spesa assieme agli altri, nella famiglia e nella comunità in cui siamo chiamati a vivere, nell’intensità delle relazioni di cui ognuno di noi si è fatto capace imparando la convivenza e condividendo i valori per i quali vale la pena vivere”. Con un tono di fiduciosa speranza, prosegue: “Vorremmo augurarci tutti di avere ancora a nostra disposizione il tempo sufficiente per correggere eventuali tiri sbagliati, per elaborare nuove strategie di vita che ci facciano assaporare con più gusto il fatto di essere nati, cresciuti e vissuti secondo le aspettative di una umanità piena e felice. In definitiva, ma credo che questa valutazione faccia già parte del tessuto delle vostre idee, l’essere stati voi alunni e io maestro, la relazione primaria che definisce lo scopo dell’esperienza scolastica che socialmente viene offerta a tutti nel periodo dello sviluppo, equivale ad attrezzare gli alunni con strumenti necessari, di carattere cognitivo, culturale, sociale e umano, perché vengano abilitati ad affrontare la loro esistenza in autonomia per non dipendere più dagli altri. La scuola ha fatto bene il suo lavoro solo quando gli alunni hanno imparato a fare a meno di essa, avendo gli alunni imparato, anche grazie ad essa, ad usare le chiavi in propria dotazione per potere aprire tutte le porte della vita. Questi livelli di maturità, ahimè, non sempre vengono raggiunti per una serie di motivi dovuti alle proprie condizioni esistenziali, all’ambiente di vita, alle vicissitudini di ciascuno. Ma, coraggio! La vita non è fatta solo di aspirazioni e obiettivi raggiunti perché è sempre e comunque “la vita”, la nostra vita, che differisce da quella di chiunque altro. Ognuno è solo se stesso, mai copia di un altro, pertanto chiamato a realizzarsi nel migliore dei modi a lui possibili grazie al suo impegno ad essere per il suo potenziale umano che purtroppo non sempre si svela chiaramente nella nostra esistenza per un insieme di circostanze. Ciascuno di noi sa come tradurre nella vita di ogni giorno, quella che concretamente gli è dato di vivere, ciò che conviene ed è opportuno fare in quanto padre, in quanto figlio, in quanto fratello, lavoratore, cittadino, in quanto responsabile di qualcuno, in quanto uomo.

Favata Rita, Immordino Giuseppe, La Piana Enza, Annaloro Marilena, Fruscione Renzo, Ferrara Mariella, Lupo Antonio, Saia Salvatore, Mistretta Mariano, Nalbone Mansueto e il prof. Filì Damiano
L’augurio che vi faccio, come vecchio maestro quale ai vostri occhi sono, è che voi, in occasione del vostro cinquantesimo anno dalla nascita, possiate vivere questa importante data come un momento di crescita, come un momento di conferma e di accettazione della vita finora vissuta, qualunque essa sia stata e sia, e come momento di ripartenza per il viaggio dei vostri futuri 50 anni”. Sia il professor Filì sia gli ex alunni hanno infine espresso il desiderio di rivedersi.
Una foto. Quelle rare foto di una volta che imprimono significati profondi a dispetto di ciò che oggi rappresenta la civiltà dell’immagine, dei selfie scattati in gran parte del giorno, ma privi di valore e di valori, più superficiali e poco profondi. La foto di un tempo che ha custodito una memoria individuale e collettiva.