«Uccise il padre», nei guai lui e il cognato

CALTANISSETTA – È accusato di avere ucciso il padre insieme al cognato. E la procura nissena, adesso, vuole che siano processati per il reato di omicidio premeditato.

Imputazione pesantissima che pende sul capo all’operaio trentasettenne riesino, Angelo Bartoli  – difeso dagli avvocati Giovanni Maggio e Michele Ambra –   e del ventottenne Rocco Tabbì  – difeso dall’avvocato Sergio Iacona – figlio dell’ucciso.

La vittima è l’agricoltore cinquantasettenne di Riesi, Francesco Tabbì. È caduto in una imboscata che gli è stata tesa alle prime luci dell’alba del 10 dicembre dello scorso anno, quando due sicari lo hanno freddato a colpi d’arma da fuoco nell’azienda agricola di famiglia, in contrada Margio, nelle campagne del Riesino.

A chiedere il rinvio a giudizio dei due indagati, che peraltro poi hanno pure confessato il delitto facendo anche ritrovare le armi utilizzate, è stata la procura di Caltanissetta.

Il delitto sarebbe maturato per fortissimi contrasti in famiglia e non soltanto per la conduzione delle aziende.

La vittima – la compagna e sua figlia sono assistiti dall’avvocato Vincenzo Vitello – ha scontato nove anni e otto mesi di carcere per associazione mafiosa e tentato omicidio.

Reati per i quali è stati ritenuto colpevole sull’onda del suo coinvolgimento nella maxi operazione dei carabinieri ribattezzata «Odessa» e che nel novembre di dodici anni fa ha fatto scattare oltre una quarantina di ordinanze di custodia cautelare in carcere.

Una volta scontata la pena, Tabbì senior avrebbe avuto forti contrasti con il figlio. Il genitore avrebbe tenuto  un suo atteggiamento fortemente prevaricatore.

E pochi giorni prima del delitto, secondo la tesi difensiva – la vittima avrebbe pure fatto fuoco contro il figlio e suo cognato ma senza centrarli.

A quel punto avrebbe preso corpo l’idea dell’omicidio. Quasi in una lotta per la sopravvivenza. Questa, almeno, è quanto hanno sostenuto i due arrestati.

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