Carcere a vita per il boss di Mazzarino e un presunto fiancheggiatore. Lo ha chiesto la procura generale di Caltanissetta nella prima tranche di requisitoria al processo legato a una catena di omicidi e falliti agguati.
In questo caso le proposte di ergastolo sono state avanzate nei confronti del sessantaduenne capomafia di Riesi, Francesco Cammarata e per il cinquantaduenne Franco Bellia – difesi dagli avvocati Vincenzo Vitello, Carmelo Terranova e Davide Anzalone – alla sbarra insieme ad altri cinque imputati.
Loro due siedono sul banco degli imputati per il delitto di Michele Fantauzza, ucciso nel febbraio di ventisei anni fa e i cui resti sono stati ritrovati soltanto diversi anni dopo grazie alle rivelazioni del collaboratore di giustizia, pure lui riesino, Giuseppe Tardanico. Dopo l’uccisione il corpo era stato infilato nel baule posteriore della sua utilitaria per essere sepolto cinque metri sotto terra all’interno di un cantiere.
Secondo l’originaria tesi accusatoria, la vittima sarebbe stata prima torturata e poi uccisa. I suoi aguzzini – sempre secondo i magistrati – avrebbero voluto estorcergli il nascondiglio di un loro acerrimo nemico, il boss della Stidda Calogero Riggio, a quel tempo latitante. E non perché Fantauzza fosse legato alla Stidda, ma semplicemente perché era amico d’infanzia di Riggio.
Poi, successive intercettazioni – la cui bontà è stata fortemente messa in discussione dalla difesa – avrebbero prospettato un altro ipotetico movente del delitto, ossia che Francesco Cammarata avrebbe temuto di esser fatto bersaglio di attentato dallo stesso Fantauzza. Ma secondo la difesa, questa ulteriore versione sarebbe stata frutta dell’invenzione di un pentito, solo per ritorsione, perché mosso da astio nei confronti della stesso Cammarata.