Caltanissetta – Nella elefantiaca inchiesta antimafia «Hydra» della procura lombarda figurano anche quattro nisseni. In particolare quattro gelesi che sono stati coinvolti nell’indagine che avrebbe squarciato i veli su un pactum sceleris tra cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra in Lombardia. Che avrebbero controllato estorsioni, traffici di droga, infiltrandosi anche nel tessuto economico con il controllo di attività. Un vero e proprio patto in nome degli affari sporchi. Con un filo conduttore, secondo i contenuti dell’ordinanza, che avrebbe portato fino a Matteo Messina Denaro. Inchiesta che, in seconda battuta – sì perché il gip aveva rigettato 142 istanze di misure cautelari su 153 chieste dai pm milanesi- a un anno dal blitz e su provvedimento del «Riesame», ha fatto poi scattare qualcosa come quarantuno provvedimenti cautelari, con un numero elevatissimo d’indagati, ben 153 in totale sui quali pende la richiesta di rinvio giudizio formulata dal procuratore capo di Milano, Marcello Viola e dai sostituti Rosario Ferracane e Alessandra Cerreti. A carico dei destinatari di richiesta di rinvio a giudizio, a vario titolo, pendono oltre una novantina di capi d’imputazione.
Tra loro i gelesi Fabio, Francesco e Dario Nicastro e, con loro, anche Rosario Bonvissuto. Inseriti con un proprio ruolo, secondo lo spaccato tracciato da carabinieri e magistrati, in questa sorta di “super mafia”. Che avrebbe raggruppato i vertici delle tre organizzazioni in Lombardia.
Il gruppo gelese, secondo la tesi degli inquirenti, avrebbe anche assunto la guida di un’attività commerciale nell’hinterland milanese.