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«Sistema Montante», la procura generale in Cassazione chiede la conferma della condanna: la decisione il 30 ottobre

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Mussomeli – La procura generale della Cassazione chiede la conferma della condanna a carico dell’ex presidente degli industriali siciliani, Antonello Montante. In appello la corte nissena lo ha condannato a 8 anni di reclusione per associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, oltre che per accesso abusivo al sistema informatico.

Ma il verdetto della Suprema Corte è slittato a fine mese. Fino ad allora resteranno con il fiato sospeso anche il sostituto commissario Marco De Angelis condannato in appello a tre anni e tre mesi  – contro i quattro anno inflitti dal gup con il rito abbreviato – e  il capo della security di Confindustria, Diego Di Simone che a fronte dei sei anni e quattro mesi in primo grado ha poi ottenuto uno sconto di pena scendendo a cinque anni.

In Cassazione anche l’ex comandante provinciale della guardia di finanza di Caltanissetta, il generale Gianfranco Ardizzone, che ha impugnato la prescrizione per una delle contestazioni a suo carico, mentre per il resto è stato assolto nel merito.

In appello era stato ritenuto non colpevole anche il dirigente della prima divisione dello “sco”, Andrea Grassi. E per lui la sentenza è già definitiva.

Montante, nei confronti del quale il sostituto procuratore generale della Cassazione, Elisabetta Ceniccola , ha chiesto la conferma della condanna, potrebbe beneficiare solo dello sconto di qualche mese sulla pena.

Secondo la tesi accusatoria sarebbe stato al centro di un centro di potere fino ai più alti livelli politico-istituzionali ed economici , creando una rete di spionaggio per assumere informazioni su indagini a suo carico oltre che per confezionare una impressionante mole di dossieraggio.

A carico di Montante è in corso anche un altro procedimento, a Caltanissetta, che vede a giudizio anche un’altra trentina o poco meno d’imputati – che interessa trasversalmente istituzioni, politica, forze dell’ordine e imprenditoria – quattro dei quali già sostanzialmente usciti  per intervenuta prescrizione. Tra loro v’è il presidente della Regione, Renato Schifani,  che era stato chiamato in causa per concorso esterno in associazione a delinquere e rivelazione di segreti d’ufficio.

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