Caltanissetta – Nessuna pressione per sistemare il nipote di un ex collega. Che, nel concreto, s’è tradotto in una richiesta assolutoria per un funzionario di governo
In particolare per l’ex prefetto di Palermo, Francesca Cannizzo, tra i 16 imputati del cosiddetto processo «Saguto», dal nome del principale imputato di questa istruttoria, ossia l’ex presidente del tribunale misure di prevenzioni patrimoniali di Palermo, Silvana Saguto.
Così la difesa a fronte di una richiesta di condanna a 6 anni avanzata nel febbraio scorso dai sostituti della Dda nissena, Claudia Pasciuti e Maurizio Bonaccorso.
Sono stati i legali dell’ex prefetto del capoluogo isolano – gli avvocati Giuseppe Dacquì e Carmelo Peluso – a replicare alla procura sollecitando un verdetto assolutorio per l’ipotesi di concussione.
Contestazione legata alle presunte “sollecitazioni” che il prefetto – secondo gli inquirenti – avrebbe operato per l’assunzione del nipote dell’ex prefetto di Messina, Stefano Scamacca,
Un teorema che la difesa ha sconfessato sostenendo che il rapporto di amicizia tra la stessa Cannizzo e colui che quelle presunte pressioni le avrebbe subite, l’amministratore giudiziario Alessandro Scimeca, non avrebbe mai potuto fare profilare uno scenario come quello ipotizzato dall’accusa. Da qui la richiesta di un verdetto di non colpevolezza.
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