Caltanissetta – I medici non hanno colpe. E, di riflesso, neanche l’azienda sanitaria nissena. In sostanza non si è trattato di un caso di malasanità.
Lo ha stabilito, in ultima analisi, la cassazione rigettando il ricorso di una paziente che ha citato in giudizio un professionista che l’ha operata e la stessa Asp. Ma alla fine la Suprema Corte ha giudicato il ricorso inammissibile – e sarebbero almeno nove i punti a sostegno di questa tesi – così da chiudere definitivamente la questione dal punto di vista giudiziario.
La vicenda ha preso le mosse da un intervento chirurgico a cui vent’anni fa si è sottoposta una donna per prevenire il reflusso dallo stomaco all’esofago. È stato effettuato all’ospedale Santo Stefano di Mazzarino.
Però qualcosa non sarebbe andato per il verso giusto. I problemi di reflusso gastrico si sarebbero ripresentati.
Così, dopo un consulto medico , è stato deciso un secondo intervento chirurgico. Ma questa volta non a Mazzarino, ma a Catania.
Una volta entrata per la seconda volta in sala operatoria, dopo il decorso post operatorio, la questione ha poi avuto risvolti giudiziari perché la donna, lamentando l’inefficacia del primo intervento – secondo la sua versione – ha poi finito per trascinare in giudizio sia il primo medico che l’aveva operata e, di conseguenza, l’azienda sanitaria provinciale a cui fa capo l’ospedale in cui ha subito il primo intervento.
In primo grado, con tanto consulenza tecnica disposta dal giudice, il tribunale è poi giunto alla conclusione che non vi fosse stato alcun nesso di causalità tra l’intervento e gli effetti.
Sentenza che la paziente ha impugnato. Ma anche il corte d’Appello di Caltanissetta, alla fine, ha sentenziato confermando il giudizio di primo grado.
Da qui l’ultimo passaggio in Cassazione che ha precluso ogni speranza della paziente, ritenendo inammissibile il suo ricorso e per più motivazioni.