Caltanissetta – Tenta di fare entrare droga in carcere ma viene arrestato. Lo hanno bloccato proprio nel momento in cui, durante un colloquio con un familiare detenuto, stava tentando di passargli un etto di hashish. Gli agenti di polizia penitenziaria, però, lo hanno scoperto.
Episodio, quello avvenuto alla casa circondariale Ucciardone di Palermo, che acuisce una delle problematiche che affliggono il sistema carcerario, come l’introduzione di microcellulari.
«È del tutto evidente e palese che il quotidiano rinvenimento di droga e telefoni cellulari in carcere assume un vero e proprio problema di sicurezza nazionale, che non può continuare ad essere trascurato», ha osservato segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, Donato Capece. «Schermare tutte le carceri della nazione, a cominciare da quello di Ucciardone, non è più differibile così come anche prevedere che i detenuti tossicodipendenti scontino la pena in comunità per la disintossicazione e non in carcere», è andato avanti.
Da qui la nuova richiesta, rivolta al dipartimento dell’amministrazione penitenziaria , «d’interventi concreti come, ad esempio, la dotazione ai reparti di polizia penitenziaria di adeguata strumentazione tecnologica di ultima generazione per contrastare l’indebito uso di telefoni cellulari o ogni altra strumentazione elettronica da parte dei detenuti nei penitenziari italiani e kit di rilevamento di sostanze stupefacenti» ha rimarcato il segretario del Sappe.
E ai vertici regionali e ministeriali dell’amministrazione penitenziaria ha chiesto «un netto cambio di passo nelle attività di contrasto all’indebito possesso ed uso di telefoni cellulari e droga in carcere, a tutela di coloro che in prima linea delle sezioni detentive del carcere di Ucciardone, a Palermo, rappresentano lo Stato, ovvero gli appartenenti alla polizia penitenziaria», ha concluso Capece.