Caltanissetta – Sceglie di non spiegare le ragioni che lo avrebbero spinto a un rapina, peraltro fallita, e un paio di colpi in casa. Episodi che gli sono stati contestati dai carabinieri e che sono stati la chiave del suo arresto.
È la via del silenzio la strategia difensiva adottata dal quarantatreenne Leonardo Capizzi – assistito dagli avvocati Angela Porcello e Calogero Meli – comparso al cospetto del gip Alessandra Maira.
Ma si è avvalso della facoltà di non rispondere. Ed è rimasto in carcere. Anche se in realtà, in questa fase, i suoi legali non hanno neanche avanzato istanza di revoca. Quella la presenteranno, probabilmente, al tribunale del riesame.
Su Capizzi pendono le accuse di tentata rapina, furto, porto e detenzione abusiva di arma e indebito utilizzo di carta di credito.
Tutto è iniziato, per lui, dalla tentata rapina di un’auto. Era il 4 ottobre scorso. Una Ford Kuga. E vistosi scoperto dal proprietario avrebbe esploso un paio di colpi di pistola – uno dei quali ha raggiunto il bagagliaio – per crearsi una via di fuga.
Ma il numero di targa della sua auto è stato ricostruito e le indagini si sono catalizzate su lui. Strumentazione d’intercettazione installata poi dai carabinieri sulla sua utilitaria hanno finito per incastrarlo anche per altri reati di cui si sarebbe macchiato pochi giorni dopo.
In particolare due furti in abitazione, uno a Serradifalco, l’altro a Delia, in cui, tra l’altro, sono state rubate anche carte di credito e prepagate. E con quelle avrebbe pure