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«Ucciso da un commando riesino», cognato del figlio del boss fa scena muta

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Caltanissetta – Il cognato del figlio del boss ha scelto la via del silenzio. Non una parola al cospetto della corte d’Assise di Monza che sta processando un riesino per omicidio.

L’imputato è il quarantaseienne Salvatore Tambè  – assistito dagli avvocati Vincenzo Vitello e Adriana Vella  – alla sbarra per il delitto dell’albanese Lamaj Astrit trovato nel gennaio di tre anni fa murato dentro un pozzo artesiano. Era scomparso da Genova nel 2013 all’età di 42 anni.

A tenere la bocca cucita è stato adesso il riesino Calogero Chiantia, cognato di Giuseppe Cammarata, figlio del boss di Cosa nostra, Pino Cammarata.

Chiantia, indagato per questo omicidio anche se la sua posizione andrebbe verso l’archiviazione, si è avvalso della facoltà di non rispondere.

Per lui è stato già annullato dalla Cassazione il provvedimento cautelare, così com’era già avvenuto in precedenza per lo stesso Giuseppe Cammarata la cui posizione, per questa inchiesta, è stata già archiviata.

La vittima – che sarebbe stata attirata in trappola con il pretesto di un acquisto di droga –  secondo la tesi accusatoria –  sarebbe stata assassinata da un commando di riesini su mandato di una imbonitrice, anch’ella riesina, che con l’albanese aveva avuto una relazione sentimentale poi finita male.

La stessa donna, sempre secondo i magistrati, lo avrebbe ritenuto l’autore di un furto di preziosi per un valore di diverse decine di migliaia di euro messo a segno in casa sua.

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