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Ucciso e poi dato alle fiamme, assolti i sospetti assassini… che assassini non erano

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Caltanissetta – Non hanno ucciso loro quell’allevatore. Sì, perché la corte d’Assise di Caltanissetta li ha assolti dalla pesantissima accusa di avere assassinato il quarantenne di Pietraperzia, Andrea Paternò. Sono stati condannati, di contro, per occultamento e distruzione di cadavere.

Un delitto che, quanto agli esecutori, rimane avvolto nel mistero. Si sa chi avrebbe nascosto e poi bruciato quel corpo, ma non chi ha ucciso.

Assolti per  omicidio l’allevatore pietrino Filipponeri Di Marca, il figlio, Calogero Salvatore Giorgio Di Marca e Giovanni Semilia assistiti dagli avvocati Giuseppe Panepinto, Giovanni Petrantoni, Angelo Tambè e Giusy Nicoletti – che, però, sono stati condannati per occultamento e distruzione di cadavere. Di Marca senior  a 7 anni, il figlio 8 anni e 8 mesi e il terzo 4 anni e 8 mesi. Semilia, che per questa inchiesta era stato arrestato  In Belgio su mandato internazionale di cattura e poi rimasto rinchiuso al carcere di Rebibbia per tre anni e mezzo, subito dopo il pronunciamento assolutorio è stato scarcerato.

Lo stesso Salvatore Giorgio Di Marca, insieme al fratello Giuseppe, sono stati riconosciuti colpevoli d’incendio. Sì perché avrebbero preteso di poter utilizzare quei terreni per il loro bestiame e per imporre la loro avrebbero fatto ricorso a attentati e intimidazioni incendiando quei campi tra le campagne di Enna e Pietraperzia.

Paternò sarebbe stato ucciso per un debito di 20 mila euro. Soldi che gli indagati, secondo la ricostruzione investigativa, avrebbero dovuto dargli. E nel momento in cui l’allevatore ne avrebbe chiesto la restituzione, sarebbe stato ucciso. Ma chi lo abbia assassinato, la giustizia non lo ha ancora stabilito.

Era l’11 luglio 2020 quando l’allevatore è sparito. Due giorni dopo il suo corpo carbonizzato è stato ritrovato nel cassone del suo furgonato Mitsubishi.

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