Caltanissetta – Un solo colpevole, gli altri due no. E lo stesso ora condannato per sequestro di persona a scopo di estorsione, di contro, è stato assolto per l’ipotesi di rapina insieme agli altri due coimputati.
È il verdetto emesso dalla corte d’Assise di Caltanissetta al processo, con rito abbreviato, che ha preso corpo tra le pieghe di un procedimento principale legato all’uccisione del giovane pakistano Adnan Siddique – assassinato perché si sarebbe fatto portavoce del malcontento di suoi connazionali che sarebbero stati sfruttati dalla cosiddetta mafia dei campi – e, ancora, al caporalato per lo sfruttamento di manodopera nei campi del Nisseno che sarebbe stata gestita da quella che è stata ribattezzata «la mafia nigeriana»
In questo caso, a vario titolo, i tre imputati sono stati chiamati in causa per sequestro di persona a scopo estorsivo e rapina.
La condanna a 11 anni di carcere è piovuta sul capo del ventiquattrenne pakistano Muhammad Sharjeel «Shery» Awan, che dovrà pure risarcire il sequestrato in casa secondo l’entità che verrà poi stabilita in un procedimento di natura civile.
Il presunto sequestratore è stato tirato in ballo da una testimone durante il processo principale – quello incentrato sul delitto e il caporalato – e il suo nome si è aggiunto a quello di altri tre presunti rapitori già giudicati e condannati nel troncone originario. Il commando di cui avrebbe fatto parte , si sarebbe presentato in casa di un loro connazionale. Era il 31 maggio di quattro anni fa. Sotto la minaccia di un coltello lo avrebbero costretto a seguirli in casa di una giovane donna, da Caltanissetta a Canicattì. Lì lo avrebbero picchiato per costringerlo a chiamare il fratello, in Pakistan, per il pagamento di un riscatto di 3 mila euro.
Lo stesso Awan – assistito dall’avvocato Giuseppe Dacquì – così come il quarantenne Arshad Muhammad – assistito dall’avvocato Salvatore Virciglio – e il trentaduenne Muhammad Shoaib – assistito Salvatore Baglio – sono stati assolti per una rapina messa segno a Sommatino nel marzo sempre di quattro anni fa. In quella circostanza in tre hanno fatto irruzione in casa di un connazionale e lo avrebbero preso a pugni al volto, fino a costringerlo a consegnare i soldi che aveva con sé. Ma a rapinarlo, ha riconosciuto adesso la corte d’Assise, non sono stati i tre imputati.