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Dopo appena tre anni chiude il centro dialisi di Cammarata

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Cammarata – “Ho settantasette anni e da più di un anno sono una paziente del Centro Dialisi di San Giovanni Gemini e Cammarata. Non mi sono mai esposta pubblicamente, ma sento che questa è una situazione che merita, non solo come paziente ma anche come cittadina”. E’ solo una delle tante manifestazioni di sconforto che hanno inondato i social, all’indomani della notizia che il “Medical Nephrologi”, aperto appena tre anni fa, chiuderà i battenti il 30 novembre prossimo. Lasciando una comunità senza parole e soprattutto senza risposte. Quelle risposte che, per pochissimi anni -cosa sono tre anni a fronte di una vita!- sono state garantite al territorio proprio dalla struttura d’eccellenza, capace di fornire un bisogno in loco a chi ogni giorno combatte una battaglia per la sopravvivenza. Evitando loro di aggiungere strazio allo strazio. E dotando il territorio -noto più per commercio ed imprenditoria, che non per servizi sanitari- di un centro moderno e all’avanguardia. Cosa sia accaduto oggi, ad appena tre anni dall’apertura, se lo chiedono ancora in tanti. Ma non troppi. E comunque non tutti. Con l’impeto di chi sa di doversi spostare, fra le regie trazzere, spesso irrorate da fango divino, per potere usufruire di un servizio essenziale. Ma anche con la rassegnazione, atavica e tipica, di chi, ormai avvezzo alla quotidiana cronaca dei tagli, registra il fatto con lo stesso pathos dell’ennessimo atto di violenza. Che -ahinoi tutti!- non fa più notizia. Tanto più che ad essere perpetrato è sempre a danno dei più deboli. Eppure, se c’è ancora un margine per lo scandalo, e certamente c’è, è la tempistica del preavviso a lasciare esterefatti. Che appare ancora più irragionevole della chiusura stessa. Un servizio salvavita che si chiude così dall’oggi al domani, sapendo a cosa andranno incontro quei pazienti che, ancora increduli, si chiedono, e soprattutto chiedono, “se questa decisione fosse davvero inevitabile”. E, rivolgendosi alle autorità, quelle locali, in primis, “perchè chiudere un centro che funziona, che è diventato un punto di riferimento per la zona dei monti Sicani? Un centro che ha contribuito a tre trapianti di rene in quello che ormai si profila come l’ultimo periodo della sua, pur breve, attività. Breve, come quelle vite appese a un filo. Vite segnate da un destino politico che davvero poco ha a che fare con la polis. Nobilmente intesa! “Che fine faranno, oltre ai malcapitati pazienti, gli operatori sanitari e i macchinari super efficienti acquistati col denaro pubblico che hanno rappresentato un fiore all’occhiello del centro più impervio dell’isola?”. Sarà la spietata dittatura dei numeri a decretare un’altrettanto spietata sentenza? Noncurante del fatto che il rispetto della vita umana e della sua qualità dovrebbero essere al di sopra di ogni interesse. Si chiama civiltà ancorchè umanità. Chiude “un simbolo del progresso dei nostri paesi che se ne va nel silenzio più colposo, sotto lo sguardo indifferente di chi quel centro l’ha pur voluto e creato. Sono queste le occasioni che danno la misura e la cifra della dignità della classe politica dirigente. Tre centri fratelli del distretto sanitario, Cammarata, S. Giovanni Gemini e Casteltermini, smembrati come tutti quei pazienti, persone estremamente fragili, obbligati alla terapia emodialitica per sopravvivere che afferivano al M. N.. Il passato sembra già d’obbligo. Mentre noblesse oblige si impone, immanente e necessaria, ai sindaci Zimbardo, Mangiapane e Nicastro, che, con un colpo di reni, potrebbero invertire le sorti di quello che,ad oggi, sembra un destino già scritto!

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