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Giornate Fai Mussomeli: tutti incuriositi e ammaliati dal telèro della Madonna dei Miracoli

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Mussomeli – Domenica 13 ottobre 2024, in occasione della seconda edizione delle Giornate FAI a Mussomeli, è stato presentato un inedito assoluto da parte della Confraternita del Santuario di Maria Ss.ma dei Miracoli. Trattasi di un telèro -dal veneto “teler” che sta per telaio- di vaste dimensioni, circa 16 x 8 mt., in monocromo -come la maggior parte di essi- che raffigura scene della via Crucis. L’imponente telo è stato dispiegato, per la prima volta, appunto – su proposta del presidente Giuseppe Diliberto- sull’acciottolato del Chiostro di San Domenico, dove ha attirato a sè l’attenzione dei tanti visitatori, in virtù della drammaticità e della potenza emanata dalla narrazione pittorica. Un’opera che, inevitabilmente, ci riporta al tempo quaresimale quando, anticamente, nelle chiese, era in uso coprire, a partire dalla vigilia della Domenica delle Palme, tutti i crocifissi e tutte le statue, con dei teli di colore rosso o, preferibilmete, violaceo. La “velazio crucis” -questo il nome latino della pratica liturgica- aveva un significato teologico ben preciso, quello di fare concentrare l’attenzione dei fedeli che entravano dentro la chiesa, durante la settimana santa, esclusivamente sul Ss.mo Sacramento. Un’opera che, al tempo stesso, ci riporta al nostro più intimo passato, antico o recente che sia. Nonchè al piacere della scoperta, avvenuta casualmente, circa trent’anni fa, nella cripta del Santuario, fra le tombe dei confrati. Grazie -è il caso di dirlo!- ad un’infiltrazione d’acqua, la cripta fu sgomberata a partire dalle tombe, e proprio da quei muri umidi venne fuori il magnifico telo, quasi una rivelazione attesa dai confrati presenti alla scena -una decina assieme a qualche rappresentante del comitato- che, fibrillanti, hanno potuto rinvenire e toccare con mano quel prezioso dipinto, di cui tanto avevano sentito parlare alle persone più anziane ma che mai avevano potuto vedere. Il pezzo si fa risalire, inequivocabilmente, al periodo dei Domenicani, una storia lunga quasi un secolo e mezzo, conclusasi il 20 ottobre 1866 con la consegna al demanio, da parte del priore P. Vincenzo Ferreri, del convento fondato per ultimo, dai Langela, fra i quattro ancora esistenti a Mussomeli. Una storia ricca, così come ricco era l’Ordine a cui fa riferimento, e che, a distanza di anni, ci fa ancora dono dei suoi tesori. Da scoprire, appunto! Da quel momento, il telo rinvenuto – fortunatamente in buono stato, poichè la particolare tecnica, di origine veneta, permette un degrado minore rispetto all’affresco- è stato gelosamente custodito dai confrati assieme agli altri oggetti in loro possesso. La forma del telo ricalca perfettamente quella semicircolare dell’abside per cui è stato pensato, dove veniva calato con delle corde, fino a scendere ai lati dell’altare maggiore, incorniciandolo, grazie al taglio in basso, all’altezza del tabernacolo. Le scene, in esso rappresentate, riguardano i momenti della Deposizione: nella parte bassa, di uno dei ladroni, verosimilmente quello buono, mentre, nella parte centrale, si assiste alla Deposizione di Gesù. Nel contesto di riferimento, durante la notte del giovedì santo, si svelava il Crocifisso, che, quindi, diventava nuovamente visibile a partire dal Venerdì santo, mentre le altre statue rimanevano coperte, così solo il Crocifisso veniva svelato ai fedeli. Il sabato santo, invece, durante il “Gloria a Dio”, avveniva la cosiddetta “calata di la tila”, ovvero, si lasciava cadere il telo rovinosamente sull’altare, mentre, alle sue spalle, compariva la statua del Cristo risorto. La particolarità di questo telèro mussomelese è che è affrescato da entrambi i lati. Quello dei due rimasto nascosto alla visione dei visitatori, raffigura l’Ultima Cena.

 

Per le informazioni necessarie alla redazione del pezzo, si ringrazia la dottoressa Maria Carmela Pitonzo che ha sollecitato il direttore per un articolo di approfondimento sul telèro, il presidente della Confraternita di Maria Ss.ma dei Miracoli, Giuseppe Diliberto e il giovane confrate, Francesco Frangiamore; il prof. Calogero Barba, scultore, impegnato nella mattinata di ieri a ripulire la sua scultura imbrattata, a San Cataldo; il prof. Giuseppe Maria Spera, architetto, che si è reso disponibile, nella giornata di domenica, a fare da guida ai visitatori e che cura amorevolmente il culto della Madonna “bammina” considerato eredità spirituale del sig. Domenico Cacciatore, altrimenti e meglio noto come “Micu Pirnici”.

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