Mussomeli – In questo momento di gravissima emergenza idrica vorremmo essere con l’acqua alla gola. E invece ci arrovelliamo. Ma all’orizzonte non sembra prospettarsi alcuna soluzione definitiva. Nel Fanaco c’è più melma che acqua, tanto ridotto da essere più vaso che invaso. L’acqua manca e si naviga a vista con il pericolo concreto di arenarsi in qualche secca. Sotto il profilo dell’acqua, il Vallone è tornato indietro di mezzo secolo. Sembra rivivere l’era di ” bummuli”, quartari” e brocche, c’è la corsa ai serbatoi e il ricorso ad autobotti. Da allora ne è passata acqua sotto i ponti e e nessuno ha pensato a un seria politica idrica che tenesse conto della siccità. Ora il Vallone teme di desertificarsi. Non c’è acqua per gli umani, gli animali, i vegetali. Volumi e numeri non tranquillizzano nè dissetano. Dei 701 milioni di metri cubi di capienza autorizzata negli invasi siciliani, dall’ultima rilevazione dello scorso 8 luglio effettuata dal dipartimento regionale dell’autorità di bacino risulta che attualmente ci sono 252 milioni di metri cubi di acqua (appena una settimana prima 260 milioni), che scendono a 115 sotto la voce “volume utile netto per utilizzatori” (120 milioni a inizio luglio). E’ questa, infatti, la “fotografia” dell’emergenza idrica in Sicilia. Una situazione molto critica, considerato che a luglio 2023 il volume degli invasi era il doppio di metri cubi di acqua (528 milioni) di adesso. A svuotarsi sono il 20% di laghi e bacini siciliani, trenta in tutto. In molti casi il contatore dei metri cubi utilizzabili è fermo a zero – sono sostanzialmente prosciugati – e altri lo saranno a breve come temono in molti, per il Fanaco. Il Vallone è assetatato: di acqua, servizi, infrastrutture e diritti.