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Pizzo sotto l’ala di Cosa nostra: condannato il boss, suoi familiari e sospetti fiancheggiatori

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Caltanissetta – A volere quell’estorsione sarebbe stata la mafia. Più in dettaglio la famiglia Cammarata di Riesi a capo di Cosa nostra in quel mandamento. In particolare il boss Francesco Cammarata, i suoi più stretti familiari e due presunti fiancheggiatori. Questa è la “lettura” del verdetto emesso dal tribunale. La pena più severa è stata inflitta al boss di Cosa nostra, il sessantenne Francesco Cammarata – difeso dall’avvocato Danilo Tipo – condannato a 12 anni di carcere. Alla moglie, la sessantenne Maria Sciacchitano sono stati inflitti 8 anni di reclusione, e stessa pena a otto anni ai figli Teresa e Giuseppe Cammarata  – tutti assistiti dall’avvocato Danilo Tipo – e, ancora, Giuseppe Montedoro – difeso dall’avvocato Giovanni Maggio-  con 7 anni di carcere e Orazio Migliore – difeso dall’avvocato Flavio Sinatra – con 7 anni e 6 mesi Tutti e sei erano accusati di estorsione continuata ed aggravata dai metodi mafiosi. Seppur passando per un distinguo tra varie posizioni. Sì, perché i Cammarata sono stati ritenuti la mente dell’estorsione, gli altri avrebbero rivestito ruoli differenti. Nel mirino del gruppo sarebbe entrato un imprenditore trentanovenne di Riesi titolare di più aziende, che non si è costituito parte civile nel procedimento che ne è derivato. A lui sarebbero stati chiesti 30 mila euro di pizzo. E già nell’estate di quattro anni fa uno dei presunti estorsori – poi processato a parte – è stato arrestato dai carabinieri mentre stava incassando una prima tranche da 3 mila euro. Questa, almeno, è stata l’accusa.

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