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Indebite compensazioni, condanna definitiva per un professionista e processo da rifare per due imprenditori

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Caltanissetta – L’accusa è di avere offuscato conti per finire poi in bancarotta. Un teorema accusatorio che ha retto anche nell’ultimo grado del giudizio. Non, però, per altri due imputati per i quali il processo sarà da rifare dinanzi una diversa sezione della corte d’Appello di Caltanissetta.

Così ha disposto la Cassazione nei confronti del commercialista gelese Fabio Paolo Fasulo tra i coinvolti, nel febbraio di otto anni fa, in un’indagine della guardia di finanza su compensazioni indebite e ritenuto la mente di una strutturazione specializzata nell’eludere l’erario passando per la creazione di società fittizie.

E per lui la Suprema Corte, come chiesto dalla procura generale, ha confermato la condanna a quattro anni e cinque mesi di carcere che era stata sancita in appello perché ritenuto responsabile di operazioni irregolari per centinaia di milioni di euro, secondo la tesi di fiamme gialle e magistratura.

Di contro sono state annullate, sempre dagli “ermellini” le condanne di secondo grado inflitte ad altri due imprenditori coinvolti nella stessa inchiesta, ossia il cinquantenne Cristian Ciubotaru che aveva rimediato ventuno mesi di reclusione e il trentanovenne Pietro Caruso – entrambi al momento dell’operazione erano finiti ai domiciliari – che, invece, si era visto infliggere una pena a tre anni e tre mesi di reclusione. Per loro due, dopo l’annullamento con rinvio, il processo è da rifare.

In totale erano stati sei gli indagati finiti tra le maglie del fascicolo aperto dalla procura gelese che ha coordinate le indagini della guardia di finanza, tra loro anche una donna.

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