Gela – Prima svolta in un braccio della maxi inchiesta sulle cosiddette false compensazioni. Indagine che, nella sua globalità, ha coinvolto decine d’indagati.
Ma in questa prima tranche è già approdata in aula. Per il giudizio immediato che interessa adesso il professionista gelese Rosario Marchese – per i magistrati peraltro vicino al clan Rinzivillo – ritenuto l’anima dell’intero sistema smascherato dalle indagine.
V’è in itinere una seconda tranche assai più consistente nei numeri. Ma quella è una parentesi che ancora deve approdare in udienza preliminare.
Tantissime le ditte compiacenti che avrebbero fatto ricorso al sistema che sarebbe stato ideato da Marchese – così ha ritenuto l’accusa – per raggirare l’erario.
Il sistema smascherato dagli inquirenti sarebbe quello legato alle cosiddette false compensazioni fiscali.
Più in dettaglio – è l’impianto accusatorio – il meccanismo avrebbe ruotato attorno a investimenti, ritenuti inesistenti, in aree svantaggiate.
Così parecchie aziende, perlopiù del nord, avrebbero beneficiato di sgravi fiscali di cui, in realtà, non avrebbero dovuto assolutamente godere.